
Copernico in epoca antica? – Aurelio Bruno
(…) ἐν μέσῳ τῷ οὐρανῷ περιφερὴς οὖσα “(…) la terra è al centro dell’universo ed è circolare (…).”
(Platone, Fedone)
SFERICITA’ DELLA TERRA PRIMA E DOPO ARISTARCO
Alcune traduzioni degli scritti sulla Terra dei pensatori antichi, e di Platone in particolare, hanno indotto molti ad attribuire ad essi concezioni anacronistiche. Ci siamo, forse, noi moderni, innamorati di un’idea, e per questo vogliamo che tutti la condividano, anche coloro che per motivi cronologici non la potevano conoscere? Per come di seguito esposto, sembrerebbe, infatti, che le traduzioni seguano più le convinzioni ideologiche contemporanee dei curatori che il verosimile pensiero degli antichi.
Per Diogene Laerzio, Pitagora fu il primo a chiamare cosmo il cielo e a dire che la terra è di forma circolare; secondo Teofrasto invece fu Parmenide e, secondo Zenone, Esiodo.[1] E sempre Diogene scrive (28 A 1): “Lui per primo (Pitagora) mostrò che la terra è sferica e occupa il centro.”[2] Dalla fonte ora citata sembrerebbe pacifica un’anticipazione pitagorica delle future teorie copernicane. Ma non è così e ora diremo perché. Per affrontare il tema obiettivamente, al di là degli steccati ideologici derivati dalla visione copernicana del mondo e delle odierne polemiche sulle teorie terrapiattiste, bisogna tenere conto che Diogene Laerzio scriveva nel 220-240 dopo Cristo. La teoria della sfericità della Terra è, infatti, molto successiva al primo pitagorismo, giacché frutto delle ricerche di Aristarco, morto nel 230 a.C., e di Eratostene di Cirene, morto nel 194 a.C., mentre Parmenide era vissuto, secondo Platone[3] tra il 510 e il 450 a.C.
Secondo noi, attribuire, dunque, a Pitagora o a Parmenide tesi sulla sfericità della terra risulta anacronistico. Uno studioso odierno dice che Strabone[4] riporta l’opinione di Posidonio che “Parmenide per primo aveva diviso la terra in cinque zone, il che sembra implicare una concezione sferica della terra”[5] In realtà Posidonio non dice nulla di quanto gli si attribuisce. Dice dunque Posidonio che il primo ad adottare la divisione in cinque zone è stato Parmenide, il quale però fa la zona torrida [quella tra i tropici] circa doppia di larghezza, sopravanzante l’uno e l’altro dei tropici all’esterno e verso quelle temperate.[6] Come chiaro Strabone non parla di sfericità. Anche Aezio farebbe riferimento alla zona meridionale considerandola abitata. Parmenide per primo pose i luoghi abitati dalla terra al disotto delle due zone tropicali.[7] Anche qui è evidente che Aezio non parla di emisfero sud, ma delle suddette cinque zone (parmenidee) e di zone tropicali perfettamente compatibili con una visione piana della terra.
Opportunamente un grande studioso quale il Frank[8], la cui tesi è stata ulteriormente sviluppata da Heidel[9], aveva già ribaltato tali anacronismi storiografici. Dicono Frank e Heidel che le testimonianze di Aezio e Diogene Laerzio non sono attendibili: quella di Aezio perché influenzata direttamente da Posidonio[10] che, come stoico, tendeva ad assimilare le dottrine precedenti alla sua; quella di Diogene Laerzio in quanto la fonte dei passi riguardanti le scoperte dei primi pensatori, molto dubbia, è probabilmente la stessa cui attinge Aezio. La testimonianza di Teofrasto sulla tesi della sfericità della Terra secondo Parmenide, poi trasmessaci da Diogene, è irrilevante a causa dell’ambiguità del termine στρογγύλη[11], che può essere applicato sia a un disco circolare sia a una sfera.[12] Secondo Frank e Heidel, invece, è naturale che Parmenide, giacché inserito nella tradizione ionica, ne condividesse la concezione della terra come un disco piatto.[13] E nulla rileva in proposito la scoperta dell’obliquità dello zodiaco, attribuita a Parmenide da Strabone e da Aezio, era stata reclamata da Enopide di Chio nella seconda metà del V secolo, rivendicazione che Heidel ritiene valida.[14] Anassagora e Democrito, che conoscevano bene Parmenide, consideravano la terra piatta, e non vi è motivo di ritenere che Empedocle, che doveva molto a Parmenide, non la considerasse piatta anche lui.[15]
Ne discende che i proto-pitagorici Parmenide ed Empedocle sarebbero stato oggi definiti “terrapiattisti”. Un’attitudine tipica dei dossografi commentatori di età romana era quella di mettere le loro idee in bocca ai filosofi. Un esempio, potrebbe essere Aezio che asserisce che Talete avrebbe sostenuto la sfericità della terra.[16] Anche questo è un’anacronismo ed un falso storico conclamato. Un altro esempio è quello del solito Diogene Laerzio che fa dire ad Anassimandro la sua tesi (cioè dello stesso Diogene) sulla sfericità della terra: “e nel mezzo la terra giace occupando il posto del centro, essendo sferoidale”.[17] Peccato, però, che negli Stromata dello Pseudo-Plutarco, poi sia riportata la vera versione del milese: “che la terra è di forma cilindrica, e ha uno spessore pari a un terzo della larghezza”[18]. E che ancora Ippolito riporti le parole vere di Anassimandro:
“E che la terra è in alto senza nulla che la sostenga, ma rimane ferma per la distanza uguale di tutte le cose. La sua forma è arrotondata, circolare, simile a una colonna di pietra; delle facce piane, all’una camminiamo sopra, l’altra sta all’opposto[19]”
e che, infine, il confusionario Aezio riporti in altro posto le parole corrette di Anassimandro: “Anassimandro simile a una colonna di pietra la terra; delle superfici piane.”[20] Ma non basta. Come noto, l’altro coevo filosofo ionico Anassimene aveva posizioni simili ad Anassimandro. Anche Anassimene parlava di una terra piatta per come ci dicono tutte le testimonianze, per esempio gli Stromata dello Pseudo-Plutarco. Dice che comprimendosi l’aria, per prima si forma la terra, che è molto piatta, e per questo a ragione si mantiene sopra l’aria;[21] come conferma Ippolito: “La terra è piatta sostenuta dall’aria”[22] e, infine, anche Aezio (13 A 20): “Anassimene (sostiene che la Terra sia) a forma di tavola.”[23]
ALTRE SPIGOLATURE PLATONICHE
A. PLATONE PARLAVA DI TERRA SFERICA?
Passiamo ora a Platone. A lui si sono rifatti in tanti per nobilitare il nuovo cosmo intuito da Copernico attribuendo ad esso un’ascendenza illustre, fino al padre della filosofia occidentale. Le cose stanno effettivamente così? Platone era un copernicano ante-litteram? Ascoltiamolo in un passo famoso. Poi andremo ancora più in profondo.
(…) ritengo che la Terra sia grandissima. (…)[24]. È quello che capita anche a noi: relegati in qualche cavità della Terra, crediamo di abitare in alto, sulla sua sommità e chiamiamo Cielo, l’aria, convinti come siamo che esso sia lo spazio dove si volgono gli astri; Ecco, amico mio, quel che si dice, che per prima cosa questa vera Terra, a chi la guardi dall’alto, appare come una di quelle variopinte sfere di cuoio, divise in dodici spicchi, dai colori diversi, simili questi, appena, a quelli che di solito usano quaggiù i pittori. E quella Terra lassù, tutta di questi colori è dipinta, ma molto più luminosi e più puri dei nostri: ora, infatti, è purpurea, di una meravigliosa bellezza, ora è color dell’oro o tutta bianca, più bianca del gesso e della neve, e gli altri colori, poi, di cui è composta, assai più numerosi e più belli di quanti noi mai ne abbiamo visti. E le stesse cavità della Terra, colme corsie son d’acqua e d’aria, assumono una colorazione particolare nella gamma variopinta degli altri colori, così che la Terra appare in una sua tonalità cangiante e uniforme insieme[25].
Un tratto peculiare del sistema di pensiero platonico è che la nostra Terra insista in una piccola cavità di una “vera Terra”, grandissima, posta immobile al centro dell’universo.[26] Nel Fedone, Socrate aveva dichiarato che da Anassagora si sarebbe aspettato di apprendere se la terra fosse piatta o rotonda (πλατεῖα ἢ στρογγύλη) e quale ne fosse la ragione, ma senza trovare risposta. Successivamente egli sarebbe stato convinto da ‘un tale’ (ὑπό τινος) che gli aveva esposto una concezione della terra circolare.[27] Dato che sappiamo che il termine στρογγύλη[28] può essere applicato sia a un disco circolare sia a una sfera,[29] Socrate avrebbe voluto probabilmente sapere se la Terra fosse un disco o un piatto (πλατεῖα). In un altro punto del Fedone, Socrate, secondo le traduzioni, ad esempio di Sanasi, affermerebbe “(…) che la terra è al centro dell’universo ed è rotonda (…).”[30] In realtà Socrate non direbbe nulla di tutto questo: ἐν περιφερὴς οὖσα si traduce in “così circolare” e non rotonda, ovvero direbbe ἐν μέσῳ τῷ οὐρανῷ περιφερὴς οὖσα “(…) la terra è al centro dell’universo ed è circolare (…).” Altrettanto nel Timeo, la frase: γῆν δὲ τροφὸν μὲν ἡμετέραν, ἰλλομένην δὲ [c] τὴν περὶ τὸν διὰ παντὸς πόλον τεταμένον[31], è stata diversamente tradotta.
Mentre Emilio Piccolo traduce “la terra, nostra nutrice, costretta intorno all’asse che si distende per l’universo”.[32] E allo stesso modo Giovanni Reale: “la terra, nostra nutrice, stretta intorno all’asse che si estende per l’universo”[33], Patrizio Sanasi, però, traduce “la terra, nostra nutrice, girando intorno all’asse che si estende per l’universo”.[34] Come si vede abbiamo concetti diversi per la stessa frase. Ci chiediamo, infine, se a condizionare la scelta dei termini non sia stata più una voglia di conformare il passato alle idee del presente, piuttosto che una mera questione semantica. In tempi di cancel culture, qualche dubbio potrebbe sorgere…
B. PLATONE ERA ELIOCENTRISTA?
Per i tardo-pitagorici due erano i movimenti della Terra: uno quello di rivoluzione intorno al centro del cosmo occupato dal fuoco centrale (Ἑστία) secondo le tesi di Filolao e quello della rotazione intorno al proprio asse. Non solo per i tardo-pitagorici del passato, ma anche per alcuni esegeti di oggi Platone avrebbe detto che la Terra ruota intorno al proprio asse intorno al fuoco centrale. Tale fuoco centrale dei Pitagorici era chiamato da taluno divina anima motrice. Il fuoco centrale, motivo ricorrente del sistema tardo-pitagorico o filolaico, secondo i propugnatori della tesi sarebbe stato comunicato a Platone da qualche pitagorico, forse Archita. In altre parole, la terra sarebbe stata per Platone, comunque, inserita in un sistema eliocentrico.[35] Lo stesso Platone, secondo l’interpretazione di un passo di Aristotele, ne avrebbe parlato nel Timeo[36]. Ma quale supporto trovano questi esegeti per la loro interpretazione eliocentrica? Nelle Leggi[37] Platone parla effettivamente di una dottrina meravigliosa appresa da lui in età non più giovanile, sconosciuta ai giovani cui conviene invece saperla per non pronunciar bestemmie sopra argomenti sacri che riguardano le divinità degli astri, attribuendo loro movimenti erranti. Di più non dice. Da tale passo oscuro molti pensatori hanno, dunque, dedotto una conversione di Platone ad anacronistiche teorie tardo-pitagoriche (poi allargate e giustificate da Copernico).
Si è, dunque, cercata traccia e conferma della tesi nei dialoghi di Platone, nell’incompiuto Critia, nel citato Leggi[38], e, infine, nel dialogo scritto dal suo discepolo Filippo d’Opunte, cioè nell’Epinomide. Tale sistema incontrava, però, una forte criticità logica. Già Aristotele l’aveva rivelata dicendo che, se la terra fosse stata effettivamente in movimento, si sarebbe dovuto constatare una parallasse delle stelle fisse.[39] Ovvero le stelle fisse dovrebbero cambiare ogni sera e si dovrebbe avere un cielo diverso ogni notte, causa la rotazione orbitale attorno al sole centrale. A tale obiezione i tardo-pitagorici si sottrassero assumendo una distanza infinita tra terra e sfera delle stelle fisse che non consentirebbe alcuna valida misurazione, giacché appunto “infinita”.[40] Tale risposta, fin troppo conveniente, vale ancora oggi nella scienza astronomica moderna. Nel gergo calcistico si direbbe “buttare la palla in tribuna”. In questo caso, “buttarla all’infinito”, pur di evitare l’incongruenza logica sopraccitata.
Ciò nonostante, ovvero nonostante la successiva obiezione del discepolo Aristotele sulla parallasse stellare, secondo alcuni autori Platone si sarebbe comunque in tarda età convertito alla teoria filolaica del sistema eliocentrico. Contro tale tesi moderna vale, però, l’evidenza documentale: ovvero l’assenza di qualsiasi allusione al fuoco centrale o ad un moto di rivoluzione della terra in entrambe le due opere sopraccitate: nelle Leggi Platone fa rotare “il sole, la luna e gli altri astri”[41], ma nulla dice della terra; e nell’Epinomide[42] limita i movimenti astronomici al numero di otto (compreso il cielo delle stelle fisse) e non lascia posto ad una nona rivoluzione della terra.[43]
Medesimo ragionamento vale, secondo noi, per il X libro del Republica ove nel mito di ER i fusaioli sono otto e nessun nono fusaiolo terrestre si muove attorno all’asse del cielo, tenuto da Ananke. Anzi, nel mito di Er è peraltro chiaro che la Terra è estranea ai movimenti dei fusaioli tenuti dalle Parche giacché essa giace sotto la voragine che conduce le anime alla Terra, anime le cui sorti sono appunto rilasciate sulla base degli otto movimenti astrali guidati dalle Parche. Altrettanto vale per il Timeo ove a proposito del “movimento circolare del mondo” Platone parla di “sette movimenti” degli astri (più l’ottava sfera) e di “sette astri e sette orbite”, senza mai citare movimenti o orbite terrestri.[44]
Nonostante tali prove dirette e scritte, secondo noi inconfutabili, della visione geocentrica platonica, gli studiosi moderni non hanno desistito dal tentare di diffondere l’eliocentrismo all’antichità classica. Imperterriti, gli assertori della tesi del Platone eliocentrista, sostengono allora che, in mancanza di prove scritte, converrebbe prendere le testimonianze di Aristotele, di Teofrasto in Plutarco e di Plutarco stesso relative all’insegnamento orale di Platone. La prima obiezione ovvia è che solo Aristotele era stato discepolo di Platone, mentre Teofrasto era stato discepolo di Aristotele. Plutarco, poi, non è stato discepolo di alcuno. Si tratta di testimonianze di seconda mano (quella di Aristotele) o lontane le altre due, comunque influenzate da teorie successive. Non il massimo del rigore storiografico, insomma. Da tali testimonianze orali emergerebbe, come dice il Mondolfo[45], “un’adesione a teorie pitagoriche più accentuata di quel che apparirebbe nei dialoghi platonici.”[46] L’unico supporto che tali studiosi hanno è, però, un’affermazione assolutamente dubbia di Aristotele[47] che, dopo aver ricordato i Pitagorici a proposito del sistema filolaico, parla di “molti altri” ai quali, per motivi a priori, parrebbe che nel luogo centrale non debba star la terra: “credono in fatti che il luogo più degno appartenga all’elemento più degno…. perciò non credono che nel centro della sfera (cosmica) stia essa (la terra), bensì il fuoco”. Teofrasto, secondo il Cherniss,[48] da ciò avrebbe dedotto che Aristotele si rivolgesse ai platonici.
A fronte delle quattro chiarissime affermazioni dirette e scritte di Platone contenute nel Timeo, Repubblica, Leggi ed Epinomide si contrappongono tarde affermazioni indirette fatte da terzi lontani nel tempo. Si consenta si osservare che tali indizi molto indiretti non potrebbero avere alcuno rilievo di prova in sede di contenzioso giudiziario. Al solito, si è voluto attribuire ad autori antichi gli occhiali che noi usiamo per vedere il mondo: ovvero si sono creati precursori di Copernico in chi aveva, invece, una diametralmente opposta visione di esso.
C. DUNQUE, COS’E’ L’ASSE DEL MONDO PER PLATONE?
Torniamo all’asse. L’asse, di cui parla Platone, non è affatto quello della terra, ma quello che si distende attraverso il mondo (cosmo), e che ruota quindi con tutta la massa cosmica rispetto all’esterno. Platone parla, cioè, dell’asse del mondo (axis mundi). Qualche altro studioso meno propenso a mettere in bocca a Platone concetti moderni ha detto che l’asse platonico era quello cosmico, il quale ruota quindi con tutta la massa cosmica rispetto all’esterno. Leggiamo il commento di Mondolfo:[49]
<<Le ripetute espressioni di Aristotele, relative ad una rotazione della terra nel centro del cosmo, cioè, distinta dalla rotazione che le attribuisce il sistema pitagorico, insieme con l’antiterra, rotazione che non si effettua nel centro, ma al di fuori del centro e intorno al centro[50], la definiscono ancora come rotazione che si effettua «intorno all’asse» o «intorno all’asse centrale», senza dire mai «intorno al proprio asse». [51]
Non è, insomma, affatto vero che Platone abbia affermato la rotazione della terra “intorno al proprio asse”. Se si legge il Timeo sta scritto, infatti: «intorno all’asse teso attraverso tutto l’universo».[52] È un ovvio richiamo, quello del Timeo, al fuso di Ananke del mito di Er, sulla fine del libro X della Republica; fuso collocato fra gli estremi capi dei vincoli del cielo, che si distendono nel mezzo della colonna di luce, che tiene insieme la compagine dell’universo, come le gomene tese attraverso le triremi servono per mantener ferma ed unita la loro struttura. [53]
D. …E LA ROTAZIONE DEL MONDO PER PLATONE?
Concludiamo, infine, tornando al tema già prima cennato. La rotazione dell’asse del Timeo, come del fuso della Republica, si compie con tutto il cosmo rispetto all’esterno. La rotazione della terra attorno a sé stessa non sarebbe affatto inconciliabile con la sua permanenza nel centro citata da tanti filosofi precedenti.[54] Delle due, però, l’una: o si suppone che Platone attribuisca alla terra una partecipazione al moto rotatorio della sfera cosmica, oppure che imputi ad essa un’immobilità che equivarrebbe a una rotazione in senso inverso a quella dell’asse teso attraverso la sfera totale, ovvero una rotazione contraria.[55]
Dire, per contro, che Aristotele propugnasse una teoria della immobilità del cielo non solo contradirebbe le dichiarazioni esplicite fatte da Platone[56], ma anche tutte le testimonianze dello stesso Aristotele riguardo alle idee di Platone sull’argomento[57]. La immobilità del cielo era, infatti, una teoria del tardo pitagorico Eraclide Pontico [58] che, anticipatore di Copernico, aveva intuito che l’eliminazione del movimento celeste avrebbe comportato, oltre che la stazionarietà delle stelle fisse, la rivoluzione dei pianeti da ovest ad est nel piano dell’eclittica e la rotazione diurna della terra da ovest ad est nel piano dell’equatore.
Se ne deduce che la frase pronunciata da Aristotele nel De caelo, “Sostengono altresì alcuni che essa, pure trovandosi al centro dell’universo, si volge intorno all’asse teso attraverso, l’universo, come sta scritto nel Timeo”[59], frase che ha causato l’attribuzione a Platone di una convinzione sulla rotazione terrestre, non appartenga allo stesso Aristotele, né, ancor meno, che essa voglia alludere a Platone, ma che sia invece l’interpretazione data alla teoria di Platone da Eraclide Pontico, cui quindi Aristotele alluderebbe e rivolgerebbe le sue obiezioni. Nello stesso senso anche Mondolfo. La frase: «come sta scritto nel Timeo» apparterrebbe alla citazione che fa Aristotele delle parole di quei tali «alcuni» (Eraclide Pontico ed i suoi seguaci) che egli vuol confutare. In conclusione, la idea della rotazione della terra non sarebbe pensiero di Platone, ma interpretazione del suo discepolo, che voleva appoggiare le sue teorie sull’autorità del maestro: il che può considerarsi abbastanza probabile>>.[60]
Tutto ciò detto chiediamo ai pochi lettori di volere concedere un minimo di indulgenza all’autore di queste modeste considerazioni e soprattutto di non volere affibbiare ad esso titoli denigranti quali quello di “terrapiattista”. Chi scrive non lo è, né ha titoli scientifici o strumenti tecnologici tali da potere convalidare o confutare laicamente l’una o l’altra tesi. Ciò che qui si è, con pochi mezzi, tentato di esporre è stato scritto solo per dovere di giustizia e verità verso i grandi Maestri del passato. Glielo dobbiamo, almeno questo.
Note:
[1] Burkert (1962) in Weisheit un Wissenshaft; Studien zu Pythagoras, Philolaos, und Platon. Verlag Hans Tarl, Nürnberg (trad. ingl. di E. L. Minar Jr.: Lore and Science in Ancient Pythagoreanism, Harvard University Press, Cambridge, 1972), dice: «there is no reason to insert a Pythagorean science» (non vi è motivo d’inserire una scienza pitagorica) (p. 308). Io dico, invece, che non vi è ragione per inserire una scienza tardo pitagorica quale quella che qui rappresenta Diogene Laerzio. Per come vedremo, la teoria della sfericità della Terra è certamente molto successiva al primo pitagorismo, giacché frutto delle ricerche di Aristarco morto nel 230 a.C.
[2] Diogene Laerzio, πρῶτος δὲ οὗτος τὴν γῆν ἀπέφαινε σφαιροειδῆ καὶ ἐν μέσωι κεῖσθαι. (IX 21)
[3] Platone in Parmenide, 127a-c.
[4] Strabone (28 A 44a)
[5] Guido Calenda, Un universo aperto, la cosmologia di Parmenide e la struttura della Terra, Diogene, pag. 37
[6] φησὶ δὴ ὁ Ποσειδώνιος τῆς εἰς πέντε ζώνας διαιρέσεως ἀρχηγὸν γενέσθαι Παρμενίδην, ἀλλ’ ἐκεῖνον μὲν σχεδόν τι διπλασίαν ἀποφαίνειν τὸ πλάτος τὴν διακεκαυμένην [τῆς μεταξὺ τῶν τροπικῶν] ὑπερπίπτουσαν ἐκατέρων τῶν τροπικῶν εἰς τὸ ἐκτὸς καὶ πρὸς ταῖς εὐκράτοις. (II 2, 1)
[7] Παρμενίδης πρῶτος ἀφώρισε τῆς γῆς τούς οἰκουμένους τόπους ὑπό ταῖς δυσὶ ζώναις ταῖς τροπικαῖς. (III 11, 4)41
[8] E.Frank, Plato und die sogenannten Pythagoreer. Ein Kapitel aus der Geschichte des griechischen Geistes. Halle (Saale), Verlag von Max Niemeyer, 1923, pag. 199-200
[9] Heidel W.A. (1937). The Frame of the Ancient Greek Maps. American Geographical Society, Research Series n° 20, New York, 141 p.
[10] Heidel W.A., op.cit.,p. 65
[11] Frank (1923) p. 198 sostiene che σφαιροειδῆ in Diogene XI, 21 è una corruzione dello στρογγύλη di Teofrasto influenzata dalla similitudine della sfera in 8.43.
[12] Heidel W.A., op.cit.,p. 74. Si veda anche 31 B 47 [191 K., 156 St.]. ANECD. GR. ed. Bekker Lex. I 337, 13. Di contro rimira del signore il sacro disco.
[13] Heidel W.A., op.cit.,p. 72
[14] Heidel W.A., op.cit.,p. 71
[15] Heidel W.A., op.cit.,p.71
[16] (Th 161):(περὶ σξήματος γῆς) Θαλῆς καὶ οἱ Στωικοὶ καὶ οἱ ἀπ’ αὐτῶν σφαιροειδῆ τὴν γῆν. (III 10, 1)
[17] Diogene Laerzio, (12 A 1) μέσην τε τὴν κεῖσθαι κέντρου τάξιν ἐπέχουσαν, οὖσαν σφαιροειδῆ (II 1)
[18] Pseudo Plutarco, (12 A 10 ὑπάρχειν δέ φησι τῶι μὲν σχήματι τὴν γῆν κυλινδροειδῆ, ἔχειν δὲ τοσοῦτον βάθος ὅσον ἂν εἴη τρίτον πρὸς τὸ πλάτος. (strom. 2)
[19] Ippolito, (12 A 11): (3) τὴν δὲ γῆν εἶναι μετέωρον ὑπὸ μηδενὸς κρατουμένην, μένουσαν δὲ διὰ τὴν ὁμοίαν πάντων ἀπόστασιν. τὸ δὲ σχῆμα αὐτῆς γυρόν, στρoγγύλον, κίoνι λίθωι45 παραπλήσιον τῶν δὲ ἐπιπέδων ὧι μὲν ἐπιβεβήκαμεν, ὃ δὲ ἀντίθετον ὑπάρχει (ref. I 6, 3)
[20] Aezio, (12 A 25): Ἀναξίμανδρος λίθωι κίονι τῆν γῆν προσφερῆ·τῶν ἐπιπέδων † (III 10,2)
[21] Pseudo-Plutarco (13 A 6): πιλουμένου δὲ τοῦ ἀέρος πρώτην γεγενῆσθαι λέγει τὴν γῆν πλατεῖαν μάλα· διὸ καὶ κατὰ λόγον αὐτὴν ἐποχεῖσθαι τῶι ἀέρι· (strom. 3)
[22] Ippolito, (13 A 7): τὴν δὲ γῆν πλατεῖαν εἶναι ἐπ’ ἀέρος ὀχουμένην (ref. I 7, 4)
[23] Aezio (13 A 20): Ἀναξιμένης τραπεζοειδῆ [sc. τὴν γῆν] (III 10, 3)
[24] Come Platone, il Frammento 107 degli Oracoli Caldaici dice “Non porre mente ai confini infiniti della Terra” (PP.64-65 Kroll=ID., ibidem, 1128 B 8-C 7) in Oracoli Caldaici (Giuliano il Teurgo) a cura di A. Tonelli, Bompiani, 2016, pag.261. Nel Papiro di Derveni si legge anche: “Esso che mostra per molti mortali nella Terra sconfinata”, cfr. DP COL. XXIV, in “Eleusis e Orfismo, I misteri e la tradizione iniziatica greca”, a cura di A.Tonelli, Feltrinelli, pag. 541.
[25] Platone “Fedone”, 108A, 109 C
[26] Platone “Fedone”, ibidem, LXII, pag.33, 34
[27] Fedone, Fedone, XLVI. Heidel W.A., op.cit.,p. 82. Secondo Heidel l’evento narrato da Socrate sarebbe avvenuto nell’ultimo quarto del secolo prima della sua morte nel 399, ed è perciò in quell’intervallo di tempo che deve essere stata abbandonata la dottrina della terra piatta (p. 83). È possibile però che a essere stato convinto della sfericità della terra fosse non Socrate, ma Platone. Allora il termine ante quem diventerebbe la data di redazione del Fedone. In ogni caso Heidel ritiene che si possa collocare la data della scoperta della sfericità della terra nell’arco di un cinquantennio, tra il 425 e il 375 a. C. Parmenide sarebbe dunque completamente fuori causa. Ripetiamo, però, che l’autore della teoria della sfericità della Terra è Aristarco che è morto nel 230 a.C. ovvero, molto tempo dopo.
[28] Frank (1923) p. 198 sostiene che σφαιροειδῆ in Diogene XI, 21 è una corruzione dello στρογγύλη di Teofrasto influenzata dalla similitudine della sfera in 8.43.
[29] Heidel W.A., op.cit., p. 74. Si veda anche 31 B 47 [191 K., 156 St.]. Anecd. GR. ed. Bekker Lex. I 337, 13. Di contro rimira del signore il sacro disco.
[30] Platone, Fedone LVIII,109 a
[31] Platone, Timeo, 40
[32] Platone, Timeo, a cura di Emilio Piccolo, Classici latini e greci, Senecio, pag. 21
[33] Platone, Timeo, Tutti gli scritti, a cura di G.Reale, 2000, pag.1369
[34] Platone, Timeo, Edizione Acrobat a cura di Patrizio Sanasi (patsa@tin.it), pag.9
[35] Burnet (Platonism, Berkeley 1928, p. 108), cui si attiene tuttora qualche studioso (Bignone, Nuove ricerche etc. in Atene e Roma, 1933, p- 3 sgg. secondo la quale Platone avrebbe intuito l’eliocentrismo.
[36] Platone, Timeo, 40 c. Contro la dichiarazione di Aristotele, De caelo, II, 13, 4 e II, 14, 1, seguito da Alessandro di Afrodisia e da Diogene Laerzio, già fra gli antichi Plutarco, Proclo, Simplicio e Calcidio negavano che Platone avesse ammessa la rotazione della terra intorno al suo asse. Per la tesi affermativa è fra i moderni tutto un gruppo di studiosi, dall’Ideler e dal Gruppe, al Grote e al Frank; per la negativa un altro gruppo numeroso, da Schaubach, Boeckh, Cousin a H. Martin, Saisset, Schiaparelli, Fraccaroli, Heath, Duhem, ecc. Si veda in particolare Schiaparelli, I precursori di Copernico nell’antichità (in Scritti sulla storia della astronomia antica – Volume II, by Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910), Bologna, Zanichelli, 1926.,vol. I, p. 381 sgg.); Heath, Thomas Little, Sir, Aristarchus of Samos, the ancient Copernicus ; a history of Greek astronomy to Aristarchus, together with Aristarchus’s Treatise on the sizes and distances of the sun and moon : a new Greek text with translation and notes 1861-1940; Aristarchus, of Samos, 1913, Oxford : Clarendon Press, p. 174 sgg.; Dunem, Le système du monde, I, p. 86 sgg. Cfr. anche G.Fraccaroli.commento al Timeo, 1906, 40 b; E. FRANK, Plato und die sogenannten Pythagoreer, p. 35 sgg.
[37] Platone, Leggi, VII, 821 sg.
[38] Platone, ancora in Leggi, VII, 821 sg
[39] Aristotele., De caelo, II, 14, 296 b.
[40] Cfr. E.Frank, Plato und die sogenannten Pythagoreer, Halle a.d. Saale, Verlag v. M. Niemeyer, 1923, nota 71. Il primo a tentare di “quantificare” tali immense distanze fu Aristarco.
[41] Platone, Leggi, 822 a e 898 d-899 b
[42] Platone, Epinomide 986-987b e 990 ab
[43] Cornford, Plato’s Cosmology, p. 125 sgg.
[44] Platone, Timeo, 34 B e 38 D e 38 E
[45] Mondolfo, op.cit., pag. 452
[46] Secondo Mondolfo, vedi op.cit., pag. 452 e ss., Aristotele parlando dei Pitagorici, a proposito del sistema filolaico, parlerebbe di molti altri ai quali, per motivi a priori, parrebbe che nel luogo centrale non debba star la terra: «credono in fatti che il luogo più degno appartenga all’elemento più degno…. perciò non credono che nel centro della sfera (cosmica) stia essa (la terra), bensì il fuoco». Da qui poi Mondolfo ricava una teoria basata solo su supposizioni e comunque su testimonianze di seconda mano e successive secondo le quali Platone avrebbe avuto una conversione in tarda età all’eliocentrismo.
[47] Aristotele, De caelo 293 a 27-b 1
[48] Harold Cherniss, Aristotle’s Criticism of Plato and the Academy, p. 564
[49] Mondolfo, Rodolfo, “L’infinito nel pensiero dell’antichità classica”, Bompiani 2012, pag. 414 nota 2
[50] De caelo, 293 a, 18 sgg.; b, 18 sgg.; 296 a, 28; b,2
[51] Cfr. De caelo, 293 b, 3 sgg.; 296 a, 26 sgg. e 29; 296 b,
2 sgg. Cfr. anche: Harold Cherniss, Aristotle’s Criticism of Plato and the Academy, 1962, Publisher Russell and Russell Inc p. 546.
[52] Platone, Timeo, 40 c
[53] Per le discussioni relative, cfr. Heath, Aristarchus of Samos, pp. 148-153.
[54] Si veda Heidel W. A. Heidel, The Dine in Anaximenes and Anaximander, in Classical Philology, 1906, e Mondolfo, op.cit.,pag.450
[55] Cfr. Plato’s Cosmology – The Timaeus of Plato by Francis Macdonald Cornford
Hackett Publishing, 1935- 1997, pp. 119 sgg. e 130 sgg., e quelle di Cherniss H.F., Aristotle’s Criticism of Plato and Academy, Appendix VIII”1980, specialmente a p. 553 8gg. Cornford pensa a una rotazione reale, che agisca in senso contrario (« counteracts») a quella del tutto; e per ciò crede che Platone abbia usato la parola ιλλωμηνην, evitando στρηφωμηνην.
Cherniss obbietta che se Platone avesse voluto alludere a una rotazione «uguale e contraria» al movimento dell’universo, avrebbe usato una delle espressioni che troviamo in Republica 617 a, ovvero in Polit. 269c, 269 e, 270b, dove si parla di un movimento o di una rotazione contraria (eναντιαν φωραν, ovvero ηναντιαν πηριαγωγην Perciò Cherniss pensa che Platone non abbia voluto parlar di rotazione contraria effettiva, ma solo di una «resistenza alla rotazione», e che appunto per esprimere questa resistenza abbia scelto la parola ambigua ιλλωμηνην. Dello stesso avviso dell’ultimo autore citato Le système du monde; histoire des doctrines cosmologiques de Platon à Copernic, Duhem, Pierre Maurice Marie, 1861-1916, I, p. 86 sg..
[56] Vedi le affermazioni di Platone in Tim. 39-40, Leg. 279 sg., Epin. 978 cd, 986 ab, 987 b
[57] Aristotele, De caélo 284 a; De anima 406 b sg.; Physic. 218 a, 223 b
[58] cfr. i frammenti di Eraclide Pontico nn.50-54 in Voss, De Heraclidis Pontici vita et scriptis, Rostock 1896
[59] Zannoni, a cura di, Aristotele, Il Cielo, Pavia, 1936, pag. 136
[60] Mondolfo, op.cit., pag.451
Aurelio Bruno