Il Ritorno dei Caetani in Italia: l’arte di Sveva Caetani al Maxxi (3 ottobre 2025 – 4 gennaio 2026) – Dana Lloyd Thomas
Nell’arte di Sveva Caetani (Roma 1917 – Vernon 1994), figlia di Leone Caetani, e ultima discendente della casata,[1] emerge un viaggio iniziatico attraverso i tre mondi delineati nella Divina Commedia, con ampie suggestioni non solo simboliche ma anche metafisiche. Si ripercorre un immaginifico racconto della vita di Sveva insieme a quella del Padre, Leone Caetani (Roma 1869 – Vernon 1935), principe di Teano, duca di Sermoneta, Accademico dei Lincei, uomo politico ed esponente della tradizione ermetica italica. Sullo sfondo, la storia e la vita italiana, in particolare nel periodo tra la Grande Guerra e il successivo autoesilio tra le vallate e le foreste di Vernon, nel Canada occidentale. Già nel 1990, Sveva aveva auspicato che la sue opere fossero esibite a Roma, l’amata città natale, ma ciò non poté ancora avvenire per una serie di motivi, collegati anche ai dissapori “storici”. Negli ambienti clericali più retrivi non si era mai “perdonato” il cambio di rotta della casata in senso ghibellino, operato dal nonno di Don Leone, Michelangelo Caetani (Roma 1804 – Roma 1882), patriota e studioso di Dante. La famiglia aveva dato i natali nel sec. XIII al papa Bonifacio VIII, nonché a numerosi prelati nei cinque secoli successivi. Ma dallo scontro tra Dante e l’autore della discussa bolla Unam Sanctam con il quale il papato si arrogava il diritto di dominare sul mondo universo, nasceva tuttavia nella famiglia un grande interesse per il Sommo Poeta.
Se Sveva Caetani è stata un’artista assai nota in Canada, qualche studioso in Italia come Marco Baistrocchi, diplomatico e animatore, con Piero Fenili, della rivista Politica Romana, iniziò ad occuparsene negli anni 1990. Per lunghi anni l’unico riconoscimento ufficiale italiana del valore dell’arte di Sveva fu la mostra organizzata a Vancouver dall’Istituto Italiano di Cultura nel dicembre del 1991. Nel 2004, l’autore di queste righe ha curato a Roma una mostra con riproduzioni fotografiche di alcune opere di Sveva, col patrocinio dell’Ambasciata del Canada. Nel 2025 finalmente arriva a Roma, presso il Museo Maxxi – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo una grande mostra dedicata alle principali opere pittoriche di Sveva Caetani. Come si legge nel catalogo Sveva Caetani, Forma e Frammento, in seguito alla nomina alla presidenza della Fondazione Maxxi nel novembre del 2022, Alessandro Giuli, che si era già occupato di studi inerenti al tradizionalismo romano, iniziò ad adoperarsi per l’organizzazione della mostra. Questa azione, oltre agli sforzi negli anni di altri personaggi del mondo culturale come Grazia Francescato, porrà fine al lungo “esilio” che aveva colpito queste straordinarie opere.
Come filo rosso dei quadri vi è la figura di Leone Caetani e le suggestioni culturali e spirituali che egli aveva trasmesso a Sveva, oltre ad esprimere le vicende personali, dolorose ma anche felici, dell’esilio. Leone Caetani (Roma 1869 – Vancouver 1935) è assai conosciuto nel ruolo pubblico di uomo politico della sinistra laica e di orientalista; in questa sede ci limitiamo a riassumere per sommi capi la sua biografia. L’appartenenza ad una delle famiglie più antiche e facoltose d’Italia gli aveva consentito una grande libertà di azione; oltre all’amministrazione del patrimonio si dedicava agli studi per la sua magnum opus, gli “Annali dell’Islam” attingendo alle fonti antiche, sviluppando peraltro tesi storiche originali.[2] La sua sete di conoscenza lo portò a compiere numerosi viaggi, tra l’Egitto, il Medio Oriente e l’Asia, per arrivare fino alle Montagne Rocciose canadesi; per non parlare dei paesi europei. Allo stesso modo egli curava una vasta rete di conoscenze nel mondo culturale, nazionale ed internazionale e, grazie alla zia Ersilia Caetani Lovatelli (Roma 1840 – Roma 1925) era nato in lui l’amore per il mondo romano. Peraltro il grande archeologo Giacomo Boni, il “veggente del Palatino”, frequentava casa Caetani, e nella cerchia di Don Leone si ricorda anche l’archeologo Romolo Artioli, promotore dell’Associazione Archeologica Romana e dell’Unione di Storia e dell’Arte, sodalizio non privo di indirizzi esoterici.
Leone Caetani non trascurava il “bel mondo” a Parigi, Londra e Montecarlo: come nel caso dei “salotti”, queste occasioni servivano non per mero intrattenimento ma per allacciare rapporti internazionali. Il matrimonio nel 1901 con Vittoria Colonna, figlia di Marcantonio duca di Paliano, veniva salutato con tripudio dalla “nobiltà nera” romana. Ma la sua indipendenza nell’azione e nel pensiero gli procureranno non poche difficoltà. Insieme a Salvemini si era opposto con fermezza all’intervento italiano in Tripolitania del 1912, contestando l’asserito vantaggio strategico della spedizione ed avvertendo profeticamente contro i rischi per l’Italia di invischiarsi in estenuanti conflitti religiosi e tribali in quelle terre, attirandosi gli strali del nuovo nazionalismo sostenuto dai cattolici.[3] Nel 1913 perse il seggio parlamentare nel Collegio di Roma I ad un candidato del nuovo blocco clericale nato con il “Patto Gentiloni”.[4]
Durante la Grande Guerra, Don Leone da volontario partì come ufficiale di artiglieria sul fronte alpino. Partirono anche i fratelli minori Gelasio che si distinse nella battaglia di Col di Lana, e Livio, che morì mentre era congedo dal fronte. Come per molti protagonisti dell’immane conflitto, si innescarono cambiamenti e ripensamenti anche nella vita personale: i rapporti con Vittoria Colonna si erano raffreddati, come per segnare in senso archetipale il fallimento dell’alleanza tra la nobiltà “nera” e quella “bianca”. Nel 1917, alla morte del padre Don Onorato, Leone divenne il capo della famiglia con il titolo di Duca di Sermoneta. Nello stesso anno nacque la figlia morganatica Sveva; Leone si era da poco legato ad Ofelia Zanoni Fabiani (Roma 1896 – Vernon 1960), una giovane ballerina nata in una famiglia abbiente della borghesia romana. Per tale legame, alla campagna politica clericale contro le posizioni laiche e risorgimentali di Leone Caetani, si aggiunse anche quella moralistica; cosa assai ipocrita viste le colorite vicende delle “grandi famiglie” romane nell’arco dei secoli.[5] In tempi recenti, tale atteggiamento è stato superato, e alla mostra del Maxxi è presente il ritratto di Ofelia Fabiani, riscoperto nel 2015 e concesso in prestito dalla Fondazione Roffredo Caetani.
Don Leone inizierà a programmare l’esilio canadese già durante l’ascesa del partito fascista, con la creazione nel 1921 della Fondazione Leone Caetani per tutelare le sue raccolte di studi islamici, e l’acquisto nello stesso anno della casa e la tenuta di Vernon, nella Columbia Britannica. Aveva previsto con largo anticipo l’avanzata del blocco cattolico in politica, per cui quegli stessi nazionalisti clericali che lo avevano avversato dieci anni prima sosterranno il governo mussoliniano nel 1922, per poi confluire l’anno successivo nel Partito Nazionale Fascista. Qualche tempo dopo, il trasferimento in Canada si fece definitiva. Tuttavia, grazie anche ai ruoli ricoperti nei primi anni del fascismo dal fratello Don Gelasio (Roma 1877 – Roma 1934), Ambasciatore d’Italia a Washington poi Presidente dell’Agip, vi sarà una sorta di tregua nelle ostilità del regime nei confronti di Don Leone.
Negli ultimi anni della sua vita, caratterizzati da una grave malattia, le ire del fascismo gli si scateneranno nuovamente contro: Leone Caetani fu espulso dall’Accademia dei Linci, insieme a Benedetto Croce, Gaetano De Sanctis e altri, per il rifiuto di firmare il giuramento di fedeltà al regime.[6] Poi, come ultima ingiuria “ad personam”, il regime gli revocò la cittadinanza italiana.[7] Negli ultimi anni poi, diversi autori hanno esaminato le evidenze che tendono ad individuare in Leone Caetani la figura di “Ottaviano”, personaggio vicino all’ermetismo partenopeo, e forse quella dell’ancora più enigmatico “Ekatlos”. Peraltro un suo avo, Michelangelo X, Duca di Sermoneta (1685-1759) sarebbe stato affiliato alla Massoneria Egizia di Raimondo Di Sangro. Anche nei quadri di Sveva si possono scorgere spunti preziosi rispetto agli interessi esoterici su cui Don Leone aveva serbato la massima riservatezza, come vuole la tradizione.
– Il percorso di Sveva
L’esilio canadese, nella fase passata col Padre, verrà ricordato da Sveva come un periodo di grande felicità e di sofferenze, come emerge in diversi quadri. Data il carattere rurale di Vernon, zona in cui le principali attività erano l’agricoltura, l’allevamento e la selvicoltura, l’educazione di Sveva fu svolta in un collegio privato nella città di Vancouver. Dopo la morte del Padre nel 1935, Sveva passò un lungo periodo di difficile convivenza con la madre: in preda della depressione e di manie religiose dopo la perdita di Leone, Ofelia limitò i rapporti con la cittadina di Vernon al minimo indispensabile. Tratteneva Sveva in casa, inibendole i contatti con i coetanei nonché lo sviluppo delle sue doti artistiche, praticamente con la sola compagnia della governante cattolica danese, Inger Juul, già assunta da Don Leone come governante. L’unica concessione fu l’acquisto di libri, che consentì a Sveva di acquisire una vasta cultura con letture poliglotte. Mentre non è questo il luogo per tentare un quadro psicologico di questo rapporto problematico tra madre e figlia, restano le testimonianze della stessa Sveva nei quadri e nelle interviste da lei rilasciate. Alla morte della madre nel 1960, Sveva si ritrovò a 43 anni sola e senza reddito, diseredata dalla madre a favore della Chiesa cattolica, tranne per la casa di Vernon e una piccola rendita dal villino romano nel quartiere Pinciano. Si diede all’insegnamento, affinando poi le capacità artistiche che aveva già dimostrato da bambina; dopo il pensionamento si occuperà della pittura, promuovendo anche tra i giovani quell’educazione artistica che le era stata negata. La casa di Vernon venne donata da Sveva alla comunità locale per lascito testamentario , per la promozione delle attività artistiche; attività proseguite oggi dal Caetani Centre. Restano come testimonianza di Sveva oltre a diversi scritti, gli acquerelli; molte di queste opere furono custodite per diversi anni in un museo della provincia canadese dell’Alberta, ed oggi torneranno finalmente a Vernon.
– “Recapitulation”
Nella mostra del Maxxi, curata da Chiara Ianeselli, saggista e promotrice culturale, sono presenti le 47 immagini, dette “Esperienze”, della serie “Recapitulation”. Divisi in nove sezioni, gli acquerelli, spesso corredati di dettagli minuziosi, da miniatura medievale, raccontano storie che arrivano da lontano, e dal profondo. Qui ci limitiamo a fare qualche accenno. Sveva stessa, poco prima della morte, aveva ultimato il libro Recapitulation con la riproduzione dei quadri, poesie, commenti e note. Grazie agli sforzi di Heidi Thompson, per diversi anni collaboratrice si Sveva, quest’opera, pubblicata nell’ormai lontano 1995, è stato finalmente ristampata. Nella serie, l’artista torna indietro sui propri passi con queste opere create a partire dagli anni 1970, esaminando – si potrebbe anche dire pitagoricamente – gli eventi della propria vita.[8]
Il filo conduttore della serie è Dante Alighieri, che appare nelle vesti di Caronte che accompagna Sveva e Leone nel viaggio attraverso il “ricordo attivo”. Più volte Sveva ripeteva l’ingiunzione del Padre di imparare a memoria la Divina Commedia, come gli antichi bardi. Questo aspetto viene trattato nel catalogo della Mostra dal dantista Marco Grimaldi (pp. 39-49). Se in realtà sono molteplici le fonti culturali di Sveva, il racconto dantesco nei regni ultramondani resta “il solo modello esplicitamente dichiarato dall’autrice”. Lo studioso osserva che il viaggio di Sveva è autobiografico come quello di Dante, mentre il Padre di Sveva è Virgilio. Nel quadro The Nook (lo Studiolo, Esperienza N. 30), si raffigura un ambiente in legno dell’alto medioevo, luogo in cui Dante avrebbe potuto dedicarsi alla scritture delle sue opere.
La serie viene introdotta con l’immagine di un treno che penetra nelle Montagne Rocciose nell’interminabile viaggio ad Ovest attraverso il Nord America. La vita di Sveva inizia successivamente nel quadro “Summons” (La convocazione) in cui lei viene “convocata” nel mondo dal Padre sullo sfondo di un tipico ambiente romano, con la facciata in travertino di una chiesa e una strada con sampietrini, per indicare le sue radici. Nei sette quadri successivi, Leone e Sveva entrano nella bocca dell’Inferno, per poi incontrare i mostri e i vizi che provocano la sofferenza umana: perdita, solitudine, violenza, crudeltà, invidia, indifferenza (“Che l’indifferenza abbia / Testa di legno / E mano flaccida / Il mondo abbandona / Sfortuna e dolor”). Arrivano infine la menzogna in forma di medusa velenosa, e il tradimento. Il tradimento, scrive Sveva, è l’arma finale del male in quanto “compie due crimini simultaneamente: nuoce e tradisce la fiducia; l’archetipo è il “bacio” di Giuda”.[9]
Successivamente, si rievoca al livello simbolico la vita di Sveva insieme ai genitori, Leone ed Ofelia, prima in Italia e poi in Canada. Nell’Esperienza N. 17, “Harbour with Sphinxes” (Porto con sfingi) si rappresenta la partenza per l’esilio. Leone e Sveva attendono l’arrivo di Dante-Caronte, in piedi vicino alle acque di un porto corredato da due colonne, come un porto veneziano, mentre la madre, vestita alla modo, indugia riluttante sulla banchisa. Sopra le figure, un’enorme Sfinge turrita rappresentante l’Italia, divenuta ostile.
Nei quadri successivi vengono rappresentati le gioie e i dolori della vita e della società e simboli delle sfere superiori che emergono nel mondo della natura. In quanto ai riflessi di cultura esoterica, sono da segnalare l’Esperienza N. 11, “The Tree Beneath the Root” (L’Albero sotto la radice) che rappresenta l’Albero cabbalistico. Poi si ha uno dei quadri più enigmatici, il N. 38, “Fellowship of the Timeless” (traducibile come Fratellanza oltre il tempo oppure Fratellanza dei senza tempo) con dodici figure, di cui sei luminosi e sei semi-oscure. Figure collegate da Sveva ai “filosofi perenni” che “Vanno dentro il campo di quella attrazione cosmica, concentrata interiormente nelle pieghe del proprio raccoglimento, convergendo da ogni direzione della bussola verso l’immersione centrale”.[10]
– Il genio di Roma
Con la mostra romana del 2025 si chiude finalmente una lunga fase di subdola ma ostinata avversione alla diffusione rispetto a Sveva Caetani e la sua opera. Sveva aveva nutrito la speranza che, dopo il riconoscimento della mostra di Vancouver, si potesse organizzare una mostra in Italia; e magari di tornare lei stessa nella terra natia. Secondo Marco Baistrocchi, che aveva seguito da vicino la vicenda, “Nonostante molteplici inviti che le erano pervenuti e il suo desiderio ardente di visitare l’Italia, Sveva sarebbe difficilmente venuta a Roma e ciò non tanto per la grave malattia, complicata da una forma di diabete cronico che la teneva da tempo immobilizzata su una sedia a rotelle, quanto per un terrore metafisico, apparentemente incomprensibile ed irrazionale, di ciò che ella avrebbe potuto incontrare nella città eterna. Donna Sveva comunque apprezzò calorosamente l’impegno di rappresentare al pubblico attuale la figura augusta e gli studi di Don Leone e, soprattutto, gli importanti articoli, sempre attuali, sul Cristianesimo e sull’Islam, apparsi dopo oltre sedici lustri dalla loro pubblicazione sulla rivista anconetana “Ignis””.[11] Ma le considerazioni di Baistrocchi non finiscono qui: nell’analisi del Genio di Roma, egli pone Leone Caetani tra i personaggi che nell’arco della storia hanno svolto il ruolo di ierofania del Genio, inteso come vera e propria forza spirituale agente al di fuori dei limiti spazio-temporali ed espressione della tradizione italico-romana; una tradizione che continua “ad esistere dopo l’avvento escatologico del Cristianesimo”.[12] Una presenza, questa, che aleggia nell’arte di Sveva e, si direbbe, si ricollega ai “filosofi perenni” citati della “Fratellanza dei senza tempo”.
Foto varie realizzate dall’autore:

Foto – Inaugurazione da sx: Heidi Thompson, Grazia Francescato, Chiara Ianelli
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Foto – La maschera mortuaria di Leone Caetani. Dopo l’invio in Italia di un esemplare in cera del Volto e della Mano, venne fatta una fusione in bronzo. Per lunghi anni non fu possibile visionare l’Augusto Volto, ma oggi finalmente la reliquia può essere vista alla mostra del Maxxi tra altri cimeli della Famiglia Caetani”

Foto – Catalogo

Foto – Libro Recapitulation

Foto – Castello di Sermoneta

Foto – Sveva Caetani – Foto di Heidi Thompson

Foto – Leone Caetani con Sveva e Ofelia

Foto – Harbour with Sphinxes

Foto – Dettaglio Harbour with Sphinxes

Foto – The Nook

Foto – The Summons

Foto – Fellowship of the Timeless
Note:
[1] In seguito alla morte nel 1977 di Donna Lelia Caetani Howard (pittrice e curatrice del Giardino di Ninfa), figlia di uno dei fratelli di Leone, Don Roffredo Caetani (compositore tra l’altro di Hypatia, azione lirica in tre atti), Sveva Caetani venne considerata l’ultima discendente diretta della linea dei Duchi di Sermoneta. Nel 1940, il fratello di Lelia, Camillo, coetaneo di Sveva, perse la vita in circostanze poco chiare sul Fronte Albanese. Egli viene ricordato, insieme ad un altro cugino, nell’Esperienza N. 23 “The Game II – Small Ivan”.
[2] In una serie di scritti sull’Impero Romano d’Oriente, egli argomenta che la rapidità della conquista araba dei territori medio orientali non era dovuta tanto alle particolari capacità degli invasori quanto alla decadenza del governo bizantino, i cui esponenti sprecavano energie enormi nelle lotte intestine intorno a questioni teologiche, mentre l’apparato economico e militare andava in malora.
[3] Cfr. Del Boca, Angelo. Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d’amore 1860-1922, Oscar Mondadori, Milano 1993, p. 63. Gli avvertimenti di Caetani sui rischi dei conflitti religiosi e tribali in quelle terre si rivelarono presto giustificati quando l’esponente politico e militare turco Enver Pascià si mise a sfruttare politicamente il prestigio religioso dei Senussi. Il tema dell’Islam politicizzato verrà poi puntualmente sfruttato nella Grande Guerra da Costantinopoli e Berlino soprattutto in chiave anti-inglese; ed anche dopo la caduta dell’Impero Ottomano, tale fattore continuerà ad agitare la Libia durante tutto il periodo coloniale (ma anche, com’è noto, in epoca recente).
[4] Lo stesso conte Vincenzo Gentiloni, artefice del “Patto” e avo dell’odierno uomo politico Paolo Gentiloni, si vantò in un’intervista di aver escluso Don Leone dal parlamento. Ciò a riprova che le “dinastie politiche” in Italia non sono affatto un fenomeno del passato.
[5] Nonostante le proposte legislative sul divorzio nell’Italia unita sin dal 1878, lo Stato liberale, non riuscì ad introdurre la norma. Inoltre, il figlio avuto dalla coppia nel 1902, Onorato, risulterà affetto da problemi neurofisiologici.
[6] Peraltro nel 1930 Don Leone aveva messo a disposizione dei Lincei la somma non indifferente di Lit. 100.000 per conto della Fondazione Leone Caetani.
[7] Il motivo ufficiale fu di aver assunto nel 1928 la cittadinanza canadese; motivo puramente pretestuale, visto il numero consistente di emigrati italiani con la doppia cittadinanza, sparsi per il mondo.
[8] Non è privo d’interesse l’enfasi posta nella scuola castanediana sulla “ricapitolazione” per filo e per segno di ogni evento della propria vita.
[9] Cfr. Sveva Caetani, Recapitualtion: A Journey, a c. di Heidi Thompson, Angela Gibbs Peart, Dennis Butler, Coldstream Books, Vernon 1995, p. 30.
[10] Ibid., p. 94.
[11] Guésar [Marco Baistrocchi], “Ricordo di Sveva Caetani”, Politica Romana N. 2/1995, p. 176. Si fa riferimento a “Il cattolicesimo anticlericale e la ribellione contro il papato” e “La funzione dell’Islam nell’evoluzione della civiltà” ripubblicati su Ignis (Nuova Serie) tra il 1991 e il 1992.
[12] Cfr. Anonimo Romano [Marco Baistrocchi], “Il Genio di Roma”, Politica Romana N. 3/1996, p. 149.
Bibliografia:
AA.VV., Sveva Caetani, Forma e Frammento, Silvana Editoriale, Milano 2025.
Anonimo Romano [Marco Baistrocchi], “Il Genio di Roma”, Politica Romana N. 3/1996.
Sveva Caetani, Recapitualtion: A Journey, a c. di Heidi Thompson, Angela Gibbs Peart, Dennis Butler, Coldstream Books, Vernon 1995 (rist. 2025).
Paola Ghione, Valentina Sagaria Rossi (a c. di), L’Archivio Leone Caetani nell’Accademia Nazionale dei Lincei, L’Erma di Bretschneider, Roma 2004.
Guésar [Marco Baistrocchi], “Ricordo di Sveva Caetani”, Politica Romana N. 2/1995.
Pietro Vitelli, Sveva Caetani di Sermoneta e Dante Alighieri, Atlantide Editore, Latina 2023.
Dana Lloyd Thomas
