La pratica meditativa del respiro nella tradizione dei Sutra –

Le contrade ermetiche dell’ultra-coscienza: la follia, la morte ed il sesso – Luca Valentini
“La sete, la febbre, la brama incessante ed oscura verso l’esistenza – devi spossarla:
in ciò conosci la condizione per passare al di là della legge degli uomini” (1)
Giovedì 23 Settembre 2021, presso lo spazio ricreativo, culturale e sportivo Labulè di La Spezia, in via Cristoforo Colombo 152, è iniziato il nostro seminario sul tema “Follia, morte e sesso nell’ermetismo” e per tale iniziativa il manifesto che abbiamo scelto non casualmente è stata un’immagine caratteristica della tradizione classica e misterica, cioè la sfida di Edipo con la Sfinge. L’episodio, solamente accennato in Sofocle (2), in cui la ragione umana solo apparentemente sembra apparire soverchiante rispetto al mistero del Sacro (“Ma venni io, Edipo, che non sapevo nulla, e la misi a tacere grazie alla mia intelligenza, e non alla scuola degli uccelli”) (3), non concede al protagonista la possibilità di intendere il ruolo sotterraneo e implicito che il Fato gli avrebbe poi assegnato, quale simbolo dell’essere umano limitato alla sola coscienza ordinaria. Il fine, infatti, del seminario in riferimento è precisamente quello di porre in essere delle analisi, delle considerazioni tratte dagli insegnamenti della dottrina di Ermete come dai filosofi antichi, inerenti al limite fenomenico della coscienza, al suo superamento, ai mezzi tramite cui tale trascendimento sia possibile.
In ciò, ci siamo ispirati ad una celebre opera di Giuliano Kremmez, uno degli ultimi epigoni della scuola esoterica partenopea, di matrice caldaico – egizia, “I Tarocchi dal punto di vista filosofico” (4), in cui la disamina si incentra su tre lame specifiche, quella del pazzo, degli amanti e della morte. Come si intuisce dallo stesso titolo assegnato all’opera dal magista napoletano, la trattazione non è afferente ad un’interpretazione liminale, tipica di una fattucchiera pseudo – esoterica (5), circa l’utilizzo di mera investigazione profana (amore, denaro e successo), a cui spesso è relegato un importante, al contrario, strumento divinatorio, ma alla dimensione ieratica e simbolica delle suddette lame, in relazione ad un preciso processo maieutico della personalità umana, atto alla conoscenza ed al risveglio della sfera demonica occultata nella razionalità psicologica. Tutto ciò, pertanto, palesa il nodo di Gordio spirituale dell’uomo antico quanto contemporaneo. Se teoricamente è postulata l’esistenza di una dimensione diversa rispetto alla coscienza fenomenica, percettiva e razionale, ad un’ultra – coscienza, come potremmo definirla, come è praticamente possibile accedervi e quali rischi tale operazione potrebbe comportare?
Ci si trova dinanzi ad una netta contrapposizione tra l’insegnamento ermetico e le modernissime teorie olistiche. La latenza spirituale non si ridesta tramite un presunto benessere psicofisico – per il quale sono più confacenti i centri di trattamento estetico più che la spiritualità -, ma ponendo volontariamente in crisi tale illusorio equilibrio. Si impone un deciso, cruento e profondissimo svelamento dell’ordinario, del consuetudinario, dell’accomodante egoico, una catabasi negli abissi dell’anima ove solo è occultato un pomo aureo di ultra – coscienza, al di là di ciò che erroneamente possa dedurne tutta una certa psicanalisi freudiana e junghiana:
“Il microcosmo diventa, nella sua profondità piccolo e insondabile, più sbalorditivo del macrocosmo, il quale non è nell’universo nostro piccolo così tangibile alla percezione come il pensiero che, in un momento di buio, lampeggia nella nostra psiche e ci sbalordisce per la sua luminosità“ (6).
Si esplicita un processo di denudamento, di apertura del nostro intimo vaso di Pandora, in cui le forze del sottosuolo psichico siano intese per quel che sono in realtà, cioè potenze inespresse di rango geniale, espressioni interne di idee metafisiche nel macrocosmico, per diretta corrispondenza anagogica ermetica. Ed allora non si può che convenire con un James Hillman, nel suo processo di affrancamento rispetto alla sua origine psicanalitica, indi dedurre che la vera personalità la si riscopre tramite un trauma infernale, cioè tramite una palingenesi che – dal latino “in – ferus” ovvero ciò che si riconduce all’inaccessibile, all’indomito, all’irrazionale – sappia immergersi nelle acque lacustri dell’anima, volontariamente e coscientemente:
“Per conoscere la psiche alle sue fondamenta, per un’autentica psicologia del profondo, occorre andare nel mondo infero” (7).
Nel merito, le tre lame dei tarocchi analizzate da Kremmerz delimitano i riferimenti a tre ambiti dell’esperienza umana e – come vedremo nel proseguo del seminario nel mito tragico riferito ad Edipo – che per necessità determinano una rottura violenta rispetto alla stasi mondana dell’uomo comune. Dinanzi alla follia (8), alla passione erotica, dinanzi al mistero della morte, ciò che è razionale e prestabilito crolla irrimediabilmente, il terreno fermo sotto i nostri piedi inizia a vacillare, la visione chiara e preordinata del mondo si trasforma in un miraggio ondivago di ombre, di mistero e di incertezze, noi stessi certifichiamo un assunto di realtà socratica, indi essere consapevoli di come l’unica verità si affermi sia in realtà nell’assenza di ogni verità, nel dubbio, nel mare inquieto del sottile che squarcia la scorza per interiorizzare ciò che solo il timore del non razionalmente conosciuto induce a sperimentare e, quindi, a conoscere.
Si manifesta una presenza del conglomerato delle nostre abitudini, degli istinti e dei vincoli, saturniani e lunari, che l’Io-Testimone cerca di trasfigurare e che nella letteratura esoterica è identificata con il primo Guardiano della Soglia, il vegliante del guado, cioè il limite che non vuole farsi superare e che tende le più astute imboscate pur di assolvere al proprio ruolo, pur di ostacolare il nostro percorso di comprensione:
”Felice chi potè conoscere la causa delle cose e calpestò sotto i suoi piedi tutte le paure e l’inesorabile fato e lo strepito dell’avido Acheronte” (9).
Più la crisi diviene assidua e profonda, più la separazione diviene lacerante, più le componenti abitudinarie cercheranno di opporsi a tale investigazione introspettiva, ma le stesse potranno essere colte di sorpresa dall’impeto, dalla fulminea imprevedibilità di ciò che lega irriducibilmente follia, morte e sessualità, cioè la forza primigenia che si realizza essere il fondamento ontologico e simultaneo della nostra anima e del cosmo.
In tutto ciò si inserisce magistralmente tutta l’allegoria trasmutatrice del serpente pneumatico, che striscia nella coscienza ordinaria e psicologica, completamente plagiata e resa schiava dalle rappresentazioni istintuali e sensoriali proveniente dal mondo fenomenico, in cui la tirannia del limite kantiano, quale condizione ontologica dell’uomo moderno, preclude la visione del mondo degli Dei, che per un Giordano Bruno, altro non sono che rappresentazioni simboliche delle virtù interne, le quali sole possono far risvegliare quel principio numinoso e luminoso, che permette all’operatore, trascendendo se stesso, di ritrovare se stesso:
”Questo principio, dunque, stima Giove esser quella sustanza che è veramente l’uomo, e non accidente che deriva dalla composizione. Questo è il nume, l’eroe, il demonio, il dio particolare, l’intelligenza…” (10).
Il punto di discontinuità, in ambito ermetico, si attua, prtanto, tramite un’ascesi magica, per la volontarietà e la non accidentalità del trauma percettivo, che opera e lavora nella vita e per la vita presente, attuando, manipolando e sublimando il composto che vivo si trova dinanzi a noi, in un quadro in cui il vero operatore ermetico sia rappresentato solo da colui che viva, assapori e sperimenti in prima persona l’Opera, e non diversamente, se non si vuol sfociare in un vuoto speculare di simboli e dottrine. Ciò che viene denominato da Eliphas Levi “equilibrio magico” (11) diviene, pertanto, chiave di volta per attuare una palingenesi che sappia riconoscere non solo il “sentire” nella zona cardiaca, ma essenzialmente il “volere” nella zona basale, sensuale e caotica, separando e ben identificando ciò che risulta confuso, purificando e riaffermando i singoli caratteri, ritrovando la propria lucente primordialità, che è rigenerazione ermetica grazie alla quale la dipendenza muta in autonomia.
La dimensione teurgica del profondo, la conoscenza e la praticabilità della libertà ermetica delineano la sfida che la divina Ananke consegna all’essere umano tramite le tre lame dei tarocchi analizzate dal Kremmerz:
“Sii consapevole che questo Ente che si amalgama con quello delle potenze emotive ed irrazionali, scende poi giù ad identificarsi con la stessa forza che regge le funzioni profonde della vita fisica … CON ARMA TAGLIENTE, SENZA PAURA, SCAVA!” (12).
Il secondo appuntamento del nostro seminario, infine, è programmato per Giovedì 28 Ottobre, in cui in maniera non docetica ma simposiale, affronteremo il tema delicato e non facile della morte.
Note:
1 – Abraxa (Ercole Quadrelli), La Triplice Via, in Introduzione alla Magia, vol. I, Edizioni Mediterranee, Roma 1987, p. 56;
2 – Sofocle, Edipo Re, vv. 391ss, in Tutte le Tragedie (Eschilo – Sofocle Euripide), a cura di Angelo Tonelli, Edizioni Bompiani, Milano 2013, p. 967;
3 – Ibidem;
4 – Giuliano Kremmez, I Tarocchi dal punto di vista filosofico, in La Scienza dei Magi, vo. II, Edizioni Mediterranee, Roma 2003, p. 301;
5 – Ivi, p. 302: “I ciarlatani profittano dell’ignoranza delle plebi intelletual e ne sfruttano la credulità; il misticismo che è la parte più fragile del nostro meccanismo psichico, per educazione, tradizione e storia, aiuta ed alimenta lo stato di soggezione a divinità vecchie e nuove”.
6 – Ivi, p. 303;
7 – James Hillman, Il sogno e il mondo infero, Edizioni Adelphi, Milano 2017, p. 63;
8 – Sarebbe interessate investigare il rapporto tra l’epilessia e determinate forme estatiche di invasamento ieratico, in casi non isolati e non comuni nel corso della storia dell’umanità, come nel caso di Giulio Cesare;
9 – Virgilio, Georgiche, II, 490, in cui il Fato viene, non casualmente, definito inesorabile, quale trama occulta che non punisce o premia misticamente l’uomo, ma concede allo stesso l’opportunità catartica di riattivazione del proprio stato noetico dormiente;
10 – Giordano Bruno, Spaccio de la Bestia Trionfante, Edizioni BUR Rizzoli, Milano 2010, p. 77;
11 – Eliphas Levi, Il Dogma dell’Alta Magia, Edizioni Atanor, Roma 2010, p. 60: “Per disporre della luce astrale bisogna comprendere la doppia vibrazione e conoscere la bilancia delle forze”;
12 – Abraxa (Ercole Quadrelli), Conoscenze delle Acque, in Introduzione alla Magia, vol. I, Edizioni Mediterranee, Roma 1987, p. 23.
Luca Valentini