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Niccolò Cusano, la vita, l’opera e il pensiero: la biografia intellettuale di Enrico Peroli – Giovanni Sessa
Enrico Peroli, ordinario di filosofia morale all’Università di Chieti-Pescara, è il maggior esperto italiano di Niccolò Cusano. Ha curato l’opera omnia del pensatore del Rinascimento e ha dato alle stampe una sua biografia intellettuale imprescindibile per entrare nelle vive cose della filosofia cusaniana. Ci riferiamo al volume, Niccolò Cusano. La vita, l’opera, il pensiero edito da Carocci (per ordini: 06/42818417, pp. 587, euro 54,00). Dalla lettura di questo testo si evince la crucialità del filosofo di Kues, non solo per comprendere il sorgere della modernità, ma anche per la sua straordinaria portata teoretica. Peroli, alla luce di una documentazione vastissima, discussa criticamente, ricostruisce i momenti salienti della vita del filosofo e i plessi più significativi della sua filosofia.
Le fasi della vita di Cusano sono state riassunte dallo stesso filosofo in uno schizzo tracciato il 21 ottobre 1449, anno in cui divenne cardinale, contenuto negli Acta Cusana. Dallo scritto si comprende che la prima tappa rilevante nella vita del pensatore, è da individuarsi nella permanenza presso l’Università di Padova: qui, all’età di 22 anni, divenne “doctor decretorum”. Nella città veneta, il Nostro visse, ricorda Peroli, dal 1427 al 1423. L’ambiente patavino stimolò il giovane e suscitò in lui interesse profondo per l’astronomia e la medicina, concedendogli una formazione versatile, pluridisciplinare, come nelle corde della cultura umanista. Tornato in Germania, egli iniziò a lavorare quale esperto di diritto canonico presso la curia di Trier. Ottenne, in tal modo, benefici ecclesiastici e rendite. La sua ordinazione sacerdotale avvenne più tardi: di sicuro, come si evince da una cronaca del 1436, egli era, almeno fino al 21 luglio di quell’anno, diacono. Gli anni di Colonia furono fondamentali: «Un ruolo significativo ha avuto in questo senso l’incontro con Eimerico da Campo» (p. XVI). Questi dirigeva la “bursa Laurentiana”, di orientamento albertino. La lettura che Eimerico forniva di Alberto Magno: «ne enfatizzava gli aspetti neoplatonici e faceva continuamente riferimento a quelle opere che avevano costituito la spina dorsale della tradizione neoplatonica medievale: il Liber de causis […] e gli scritti dello Pseudo-Dionigi l’Aeropagita» (p. XVII). Da Eimerico fu introdotto alla lettura di Raimondo Lullo, le cui tesi riecheggiano in molti luoghi dell’opera cusaniana.
Cusano seguì Eimerico al concilio di Basilea. Giunse nella città svizzera il 29 febbraio 1432, al fine di occuparsi del contenzioso che si era aperto in merito alla successione all’episcopato di Trier. Inizialmente su posizioni “conciliariste”, passò a difendere le posizioni papali. Fu inviato da Eugenio IV a Costantinopoli quale membro di una delegazione che doveva discutere con l’imperatore bizantino. A Cusano fu affidato l’incarico di rintracciare manoscritti greci da utilizzare per risolvere la divisione in atto nella Chiesa. Egli, tra gli altri, rintracciò l’Adversus Eumonium di Basilio di Cesarea e l’edizione greca delle opere di Dionigi L’Aeropagita, nonché la Theologia Platonis di Proclo . A Costantinopoli: «Il giurista […] diventa un filosofo e un teologo» (p. XXV). Dopo il rientro in Italia, Cusano è inviato dal papa in Germania con il fine di portare dalla parte delle gerarchie romane i principi tedeschi. Attraversò il paese in lungo e in largo per espletare il suo compito. La sua vocazione filosofica non venne più meno, scrisse, lesse e meditò anche in condizioni assolutamente disagevoli. Il teologo Wenk lo accusò di panteismo. In realtà, la replica di Cusano è centrata su riferimenti a Meister Eckhardt e a David di Dinant, la cui filosofia metteva sotto accusa l’aristotelismo scolastico. Peroli narra, con dovizia di particolari, le vicissitudini che dovette superare dopo la nomina vescovile a Bressanone e il suo arrivo a Brunico e, infine, presenta i suoi ultimi anni a Roma, frangente storico nel quale il papato stava organizzando una crociata anti-islamica. Chiuse i suoi giorni l’11 agosto 1446, mentre stava recandosi ad Ancona per raggiungere il papa impegnato in quest’operazione.
Entriamo, con Peroli, in alcuni dei plessi teorici della filosofia cusaniana. La tesi teologica più matura del pensatore, è l’idea di Dio quale non-aliud. Nel non-aliud, la negazione non viene pensata, come avverrà in Hegel, dialetticamente, ma in modalità a-dialettica. La negazione, insomma, non si oppone all’affermazione ma la precede e la definisce. La totalità, per questo, non può neppure distinguersi dalla parte, altrimenti ne sarebbe mancante e, in quanto tale, non sarebbe totalità. È necessario, pertanto affermare che la totalità non è distintae, dunque, coincide con la parte. Il concreto è l’astratto, il particolare è l’universale. Solo in tale modalità il finito non muore nell’infinito, a differenza di quanto statuirà Hegel. Per Cusano, Dio è: «massimità assoluta» (De docta ignorantia, IV, 113),unità assoluta. Gli enti sono manifestazioni del medesimo. Nell’assoluto massimo e minimo coincidono. Negli enti si distingue non il loro essere, ma i loro accidenti. L’essere di Cusano ha tratto univoco, non equivoco, in sequela di quanto sostenuto da Duns Scoto. Essere e non-essere dicono il medesimo, in quanto gli opposti esistono nelle cose in modo relativo. Il massimo dice l’infinito che non ha proporzioni con il finito, in quanto: «la verità non ha gradi […] e consiste in qualcosa di indivisibile» (De docta ignorantia, III, 10).
L’ infinito è deus absconditus e in quanto: «si sottrae ad ogni proporzione, ci è sconosciuto» (De docta ignorantia, I, 3). Il conoscere concettuale, analitico e distinguente non coglie quella non-differenza che non differisce dalla differenza, ma si limita a negarla. Essa può essere rilevata da un’apprensione intellettuale non giudicante, da un’intuizione intellettuale dotta e nesciente in uno (vicina al terzo grado della conoscenza spinoziana). L’idea che sostiene le posizioni cusaniane è sintetizzata nel detto di Anassagora “ogni cosa è in ogni cosa”: «Il principio omnia in omnibus […] rinvia alla “mirabile connessione” che collega (le cose) le une alle altre» (p. 182). La filosofia di Cusano è filosofia della potenza che, nel dialogo De ludo globi, si fa filosofia ludica. Nel ludus globi il “centro” è simbolo del principio, i cerchi del gioco sono immagini dei diversi piani della realtà. La loro rappresentazione suggerisce il passaggio dall’imperfetto al perfetto, tanto del mondo, quanto dell’interiorità umana. Il tratto concentrico della rappresentazione rinvia alla “commistione universale”, al legame simpatetico che lega gli enti di natura. Tutto nel gioco, trascrizione dell’ordine cosmico, si basa su precisi rapporti numerici. Tali tratti del pensiero del filosofo di Kues, lo rendono uno degli esempi più alti e chiari della filosofia della Rinascenza.
Giovanni Sessa