Reghini è tornato – Leonardo Petrocelli
“Uno spilungone di quasi due metri, con un viso di bambino appassito” e una sorte che non conobbe la fortuna, né editoriale né convegnistica, degli Evola e dei Guénon. Arturo Reghini (1878-1946), un gigante nello spirito prima ancora che nelle fattezze, s’è fatto piccolo negli anni, ridotto ad esercizi di aneddotica (la celebre lite col Barone), a banali svelamenti di ur-pseudonimi o a qualche aggettivo identificativo (toscano, matematico, neopitagorico) che in sé non dice nulla, ma anzi produce gabbie e semplificazioni. Quella al “fratello terribile”, come amava firmarsi, è sempre stata una caccia aperta da specialisti: caccia alle opere, caccia agli elementi biografici esatti, caccia a tutti i rimbalzi – fra società, logge e conventicole – che caratterizzarono la geografia del suo impegno. E caccia soprattutto al senso, ultimo e complessivo, di una vita e di un’opera che abbisognava di essere attraversata in modo “religioso”, nell’accezione non ciceroniana di “rilegare”, mettere in connessione, tenere insieme. L’azione e il pensiero, le parole e lo scritto, l’inizio e la fine. Legare Reghini a se stessi e noi a lui. Si trattava, in qualche modo, di rigenerarlo nel presente ad uso non solo degli studiosi o degli appassionati di lungo corso – che pure apprezzeranno inediti, correttivi e integrazioni – ma a beneficio principalmente di quel grande pubblico in attesa di una esposizione organica ed esaustiva. In attesa, cioè, che qualcuno completasse la caccia e ne riproponesse l’esito in maniera accessibile.

Dell’impresa si è fatto carico Moreno Neri, saggista e traduttore, curatore per i tipi di Mimesis della neonata collana “Pythagoricvs Latomvsq Insignis”, sostenuta da un robusto Comitato di redazione e destinata ad accogliere l’opera omnia di Reghini. In libreria, da poco, sono approdati i primi due volumi: Gli esordi di Arturo Reghini: la Biblioteca Filosofica (Opere 1902-1908) e Gli esordi di Arturo Reghini: Il Leonardo (Opere 1906-1907). I testi sono frutto di una ricerca “puntigliosa ed estesa” che si incarica di offrire al pubblico scritto “inflessibilmente ricavati da quelli originariamente pubblicati dall’autore” – dunque non ristampe o riproposizioni di seconda mano – e soprattutto corredati da interventi critici che ne riattraversino il significato, illuminando il lettore meno avvertito e soprattutto prevenendo fantasiose interpretazioni non aderenti al vero. “Il nostro intento – scrive Neri nell’introduzione – è quindi quello di colmare il vuoto dell’assenza di una edizione critica da un lato e, dall’altro, e non secondariamente, di dare avvio alla pubblicazione integrale di tutte le opere di Reghini”. L’opera di riattraversamento corregge, fatalmente, le approssimazioni di biografie precedenti ma soprattutto restituisce scenari nuovi, smontando, ad esempio, la convinzione che le prime prove letterarie del Nostro si fossero svolte sul palcoscenico del Leonardo, la celebre rivista fiorentina fondata nel 1903 da Prezzolini e Papini (al cui formidabile ritratto di Reghini si deve la citazione che apre questo articolo). E invece il giovane Arturo si era già esercitato negli anni precedenti mostrando sorprendenti qualità di giornalista, di recensore e di traduttore (la sua fu la prima traduzione in italiano del capolavoro di Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde) nonché di oratore al primo congresso europeo della Società Teosofica.

La riproposizione e la lettura critica dei testi iniziano dunque da dove non t’aspetti. Dal “numero zero” del suo impegno, dall’esordio che precede l’esordio. E fin qui si potrebbe sospettare che si tratti di una faccenda per “reghinomani”, per cultori di microscopici dettagli e irrilevanti curiosità, per occhialuti cacciatori di atti di convegni o articoletti di giornale, sepolti chissà dove, la cui emersione nulla sposta se non le polveri di un archivio. E invece le cose stanno molto diversamente perché impilare cronologicamente tutti gli scritti di un autore, offrendo una catena ad anelli diversi per densità, rilevanza e grado di comprensione dell’invisibile, non restituisce solo l’affresco più vivo di una genialità precoce che è madre-bambina di quella matura, ma soprattutto permette di seguire l’evoluzione e la crescita della consapevolezza, nonché il gioco di sponda con la temperie del tempo, anch’essa in perenne agitazione. Non casualmente, nella narrazione della tempesta culturale che fa germogliare il giovane Reghini e lascia già intravedere i suoi “momenti straordinari” da scrittore (la definizione è di Zolla) risiede il valore aggiunto del primo volume, aperto dalla già citata introduzione che fa da cappello a entrambi i libri. Per oltre cento pagine il lettore viene condotto per mano, e mai trascinato, non solo nel dedalo dei dati biografici, rilevante fino a un certo punto, ma soprattutto nel milieu nel quale si formò il Nostro. Reghini fu tante cose. Col suo “vagante ingegno” di “vero mago” (sempre Papini) fu fondatore della Biblioteca Teosofica di Firenze – molto di più di un “brulicante alveare di spiritualisti eccentrici” – ma ancor prima fu tra i volenterosi che nel 1897 istituirono il nucleo di Roma della nascente sezione italiana della Società Teosofica. E poi ancora la loggia palermitana dei “Rigeneratori”, la “Lucifero” (dove fu iniziato il vero maestro di Reghini, Amedeo Rocco Armentano), il Martinismo.
Ma più dello scorrere delle date e delle adesioni, qui pesa lo scorrere dei volti e delle idee. In questa storia ci sono sedie che solleticano, e forse scottano, come quelle del caffé Reininghaus (poi Giubbe Rosse) dove Reghini si lega ai giovani scrittori Papini – conosciuto attraverso Giovanni Amendola – e Prezzolini a testimonianza di cosa fosse la vita culturale dell’epoca al di là dei destini di ognuno. È la Firenze, sperimentale e curiosa, da cui transitano i Croce, i Gentile, i Boni e i Salvemini, nonché legioni di artisti e avanguardisti, tutti immersi – chi entusiasticamente chi suo malgrado- in un’aria nuova di “risveglio mistico”. Il tempo dello spiritualismo e dell’idealismo, impegnati in una sfida inesausta al positivismo egemone sempre intento a castrare la sapienza con il bisturi della scienza, a pesare la realtà con la bilancia riduzionista dell’esperimento empirico. Sono decine e decine le figure richiamate nel libro, e solo quelle significative, non “gli operai senza ricompensa visibile” che avevano operato nelle logge. Ad alcune di esse – come quella del pittore belga Charles Doudelet – sono dedicati passaggi rilevanti del testo, ad altre una nota in calce, ai primi testi di Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi, è riservata invece la ricca appendice del secondo volume (introdotta da Massimo Bianchi), mentre nel primo sono ampi gli stralci delle missive del “polimorfo esoterico” Eduardo Frosini con cui Reghini condivideva l’urgenza di una battaglia campale e donchisciottesca insieme: restituire la Massoneria – au-delà dell’insufficiente postura anticlericale – al suo tronco originario, alla sua natura iniziatica, senza lasciarla scadere nell’esangue abbrutimento dell’ “instrumento politico”. Si intravede già tutto, da queste prime note, a cominciare da quella tensione esoterica libera, curiosa, non ingabbiata in appartenenze e per questo più spigolosa da rievocare, inizialmente orbitante intorno a due solarità, la Biblioteca Filosofica e il Leonardo, che già diventano palestra a beneficio del futuro prossimo (Ignis, Atanor, Ur).

Reghini dunque si agita, si batte, usa il “sonno” per svegliare, chiude le porte per aprirle. Scrittura e parole con cui a posteriori si possono appagare curiosità – si pensi al singolare Il meccanismo della visione e la quarta dimensione – ma anche spalancare abissi con, uno su tutti, La vita dello spirito, testo di una conferenza tenuta alla Biblioteca nel 1907 e perfetto esempio di nozze alchemiche fra linearità espositiva (la Verità, come d’altronde la Tradizione, non è mai verbosamente intricata) e profondità di sguardo nell’oltre. Altezza del corpo, altezza dello spirito. Abbiamo aperto con Papini e con Papini chiudiamo: “Visse, povero e solitario, una vita di pensiero e di sogno: anch’egli difese e incarnò, a suo modo, il primato dello spirituale. Nessuno di quelli che lo conobbero potrà dimenticarlo”. A noi non resta che riscoprirlo. Reghini è tornato, restituito alla pienezza di sé.
Leonardo Petrocelli
