Sulla Misteriosofia nell’Antica Grecia – Umberto Bianchi
Il termine “mistero” ha, al giorno d’oggi, assunto un significato conforme a quella che, della nostra società, è divenuta una delle caratteristiche più appropriate, ovverosia quella della spettacolarizzazione e dell’ostentazione a tutti i costi. Ma così non è sempre stato. Quella che dell’Occidente odierno, costituisce l’antefatto spirituale, ovverosia la civiltà classica, nel nostro caso quella ellenica, seppe conferire al termine mistero, un senso ben diverso da quello attuale. Questo, grazie all’esistenza delle varie misteriosofie, in qualche modo, interrelate con la locale religione politeista. Mistero viene dal greco antico “mùo/silenzio” e fa di questo stato, l’elemento cardine in grado di farci riscoprire quello che di noi stessi, è il lato più recondito di noi stessi, in modo tale da farci tendere al perfezionamento ed al controllo di noi stessi ed in ultimo, della stessa realtà circostante. Ad onor del vero va detto che, espressioni misteriosofiche sono presenti in tutte le forme di religiosità e di annessa narrazione mitica, il che farebbe debordare questo nostro pezzo, ben oltre i limiti e le dimensioni di uno scritto giornalistico, motivo per cui ci si ì volutamente voluti limitare all’ambito ellenico-mediterraneo ed in particolare, ai Misteri Eleusini.

Negli anni Cinquanta si iniziarono a studiare negli ambienti accademici i documenti gnostici di Nag Hammadi, ritrovati nell’immediato dopoguerra in Egitto; nel campo degli studi, si poneva la necessità di una riflessione sul materiale a disposizione e di un ripensamento delle categorie in cui ricadevano i cosiddetti culti misterici. Gli anni tra il 1930 e il 1940 avevano già apportato nuovi materiali e nuove ipotesi di ricerca: gli studi sul pattern o modello mitico-rituale inaugurati in Inghilterra, che ancora risentivano del comparativismo frazeriano, “ponevano ormai il tema delle religioni misteriche in una prospettiva più vasta per considerarle, una per una, nelle loro radici antiche di religioni nazionali ed etniche – Creta, Egitto, Anatolia e il resto dell’Asia anteriore, superando la limitazione ai culti mistici e soteriologici d’età ellenistico-romana e in particolare quelli relativi a divinità di origine orientale” come Mithra (Persia), Iside e Osiride (Egitto, Roma), Cibele e Attis (Anatolia), Afrodite/Astarte e Adonis (Fenicia, Grecia). In quel decennio le indagini (Puech, Atti dell’VIII convegno internazionale di Storia delle religioni, Roma 1955) si orientavano verso un «ellenismo propenso al concetto ciclico del tempo, come eterno ritorno, un cristianesimo che intende il tempo lineare ed escatologico come storia della salvezza, e, come terzo, uno gnosticismo come salvezza nel quadro atemporale ma non ciclico di un salvatore-rivelatore che scende a svegliare dal sonno i suoi simili». Era urgente stabilire con chiarezza una tipologia specifica del “mistico” e del “soteriologico” nelle religioni pagane d’età ellenistico-romana, dagli antichi culti mistici del dio in vicenda e della coppia divina ai rituali iniziatici, fino alla soteriologia dei culti misterici e, infine, a una misteriosofia orfico-neoplatonico-gnostica che li trascenderà, vedendovi il simbolo della vicenda dell’anima divina persa nella materia.
Dal termine greco “mùo/silenzio” deriva il sostantivo “to mystikón”/ plurale “ta mystiká”, per indicare «l’esperienza di una profonda, reciproca interferenza tra i due piani divino e umano, sia nel senso della partecipazione di certe divinità a una vicenda di aspetto parzialmente umano (sparizione e ritorno, vita e morte), sia nel senso di una partecipazione rituale degli uomini a vicende e modi di essere connessi con le divinità». Lo stesso concetto di “mistico”, darà poi luogo ad una serie di distinzioni concernenti le modalità di espressione di quest’ultimo: una prima forma di manifestazione, consiste in una temporanea partecipazione o interferenza tra divino, caratterizzata da “enthousiasmos”, come nelle pratiche di menadismo dionisiaco e “metroaco” (relativo alla dea Cibele, chiamata dai greci semplicemente “Meter”, da cui l’aggettivo…). Una seconda forma, è rappresentata dai cosiddetti “culti del mistero”, implicante la «presenza di un rituale iniziatico, di natura prettamente esoterica e caratterizzato da gradualità, all’interno di santuari destinati a questo scopo (telesterion, mitreo, penetrale) in vista di una beatitudine anche extramondana, di cui l’iniziato riceve promessa e anticipazione assistendo e associandosi alla vicenda e al destino del dio misterico». I misteri eleusini sono il modello di questa tipologia, a cui si aggiungono con novità di struttura i misteri di Mithra, di Iside e di Cibele attestati rispettivamente da Apuleio, Clemente Alessandrino e Firmico Materno. Una terza espressione del “mistico” è, alfine, quella forma di religiosità definita quale “misteriosofica”, dove il soggetto della vicenda di caduta e rinascita non è tanto il dio misterico quanto l’anima divina, «un elemento celeste che, dalle più antiche formulazioni orfico-pitagoriche fino all’ermetismo e gnosticismo, tramite il dualismo platonico, si trova incarcerato nella tomba del corpo e nella caverna che è il mondo. Qui il valore iniziatico e salvifico non si trova tanto in un rituale di ripetizione della vicenda del dio, ma in una sofia e in una gnosi che peraltro non è priva di una certa ritualità».
Abbiamo voluto appositamente riportare quelli che sono i “distinguo” a suo tempo operati dai vari studi e convegni di storia delle religioni, al fine di sottolineare la complessità e la scivolosità di una materia nella quale, certe conclusioni rischiano di essere contraddette o quanto meno a esser messe a dura prova, dalla stessa natura delle varie forme di misteriosofia in grado di rientrare contemporaneamente in più di una, delle suddivisioni poc’anzi citate. Basterebbe ricordare i culti ellenistici di Mithra e di Iside, nei quali, accanto ad una prima valenza di “culti del mistero”, è contemporaneamente e preponderantemente presente una valenza “misteriosofica”, connaturata a quella natura salvifica e soteriologica, caratteristica delle forme di religiosità ellenistica. Un secondo punto di fondamentale importanza, riguarda invece il sostantivo “mistico”, la cui valenza ha dato luogo a non poche interpretazioni ed equivoci. Per farla breve, possiamo dire che quelle che sono state le passate linee guida interpretative della scienza delle religioni, sono ( e non da oggi…sic!) state superate da molte scuole di pensiero iniziatico occidentale, nel nome di quello che si potrebbe definire quale “riposizionamento” del significato stesso, correlato al “mistico” ed al “misticismo” in genere. Il misticismo viene ora inteso nel senso di incondizionata adesione ed identificazione con la dimensione trascendente, una forma di irrazionale trasporto, privo di quella graduale forma di presa di coscienza e di dominio dell’essere che, solamente la gradualità di un percorso iniziatico (da “iniziare a qualcosa o in qualcosa”, per l’appunto…), può garantire.

Chiaramente non si può trattare nello specifico di misteriosofie, senza per l’appunto, accennare ai Misteri Eleusìni, riti religiosi misterici che venivano celebrati ogni anno nel santuario dedicato a Demetra nell’antica città greca di Eleusi. Dei vari riti religiosi misterici dell’antica Grecia, quelli Eleusini sono i più famosi ed enigmatici. Il motivo alla base di questa misteriosofia, è quello del sequestro di Kore/Persefone, figlia di Demetra, da parte di Ade e del suo successivo stagionale ritorno alla superficie, proprio grazie all’intercessione materna, grazie alla discesa di questa agli inferi, per parlare con Ade stesso. Alla loro base vi era un antico culto agrario, derivante dalle pratiche religiose del più arcaico periodo miceneo, in cui si adoravano divinità che certi studi hanno voluto assimilare ed identificare alle figure dei Titani (anziché gli dei classici dell’Olimpo…). La figura stessa di Demetra, è identificata quale antica dea Titana dell’agricoltura e della fertilità, nella quale si venerava la Grande Madre stessa.
Questo mito viene raccontato nel testo fondamentale dei Misteri di Eleusi, che ne narra anche la fondazione, ossia l’Inno a Demetra, appartenente alla raccolta degli Inni omerici, dove è collocato come secondo inno. La datazione di questo testo è controversa ma si ritiene sia certamente anteriore almeno alla metà del VI secolo a.C. (650 a.C. circa). Alcuni studiosi hanno sostenuto che il culto Eleusino fosse una continuazione di un culto minoico e che Demetra fosse una dea dei papaveri che portò il papavero da Creta ad Eleusi. Alcune informazioni utili dal periodo miceneo possono essere tratte dallo studio del culto di Despina (la dea precorritrice di Persefone), e il culto di Ilizia che era la dea della nascita. D’altronde il megaron di Despina a Licosura è abbastanza simile al Telesterion di Eleusi ed il motivo mitologico che ne anima la presenza, vede Demetra unita al dio Poseidone, portando una figlia, l’innominabile Despina (l’amante). Despina (in greco antico: Dèspoina) è, per l’appunto, la figlia di Demetra e di Poseidone e sorella del cavallo alato Arione. Il nome con cui è identificata (Dèspoina), e che era impronunciabile ai non iniziati, era forse solo un epiteto e significa semplicemente la Signora (dal greco-miceneo des-potnia e ancora prima dal proto-indoeuropeo dem/dom, casa, dimora e potni, padrona, signora).
La celebrazione dei Misteri Eleusini avveniva ogni anno nell’antico santuario di Eleusi, dedicato a Demetra alla data del 22 di Boedromione-Febbraio e vedevano il ritiro dello ierofante e della sua sacerdotessa nel sancta sanctorum del tempio, dal quale sarebbero successivamente usciti pronunciando la formula rituale “Brimò ha partorito Brimò”. Brimò significa “la forte”, epiteto specifico di Demetra, ma significa anche “il forte”, riferito al suo prodotto, per cui si potrebbe dire “la forte Demetra ha partorito il forte figlio”. A testimonianza dell’avvenuto evento, lo ierofante mostrava una spiga di grano matura. Qui veniva dunque celebrata l’agricoltura e la sua invincibile unione con l’eterno ciclo delle stagioni, portatrici di vita e di morte. Nel culto annuale si riproduceva fase per fase, la già citata vicenda, del ratto di Persefone strappata alla madre Demetra con la sua discesa negli Inferi sino al suo stagionale riemergerne. Una vera e propria rappresentazione scenica, teatrale, che durava per diversi giorni dividendosi in due fasi: “I Grandi Misteri” e “I Piccoli Misteri”. L’aspetto più segreto dei Misteri Eleusini, era il rapporto con il regno dei morti, per l’appunto legato ad una venerazione per l’Oltretomba secondo cui vita e morte erano collegate. Gli Iniziati al culto eleusino avevano vere e proprie visioni ( c’è chi sostiene causate dal mangiare durante il rito, pane di segale cornuta, ovvero un tipo di segale contaminata da fungo claviceps purpurea, che provocava allucinazioni …) e affermavano di parlare con i morti, a volte addirittura li invocavano in apposite cerimonie che oggi ci sono tramandate attraverso alcuni manufatti, tra cui oggetti, vasi e sculture in ceramica che riportano incise le varie fasi del rituale.
Lo scopo finale di questi riti era quello di ottenere l’épopteia, ovvero la contemplazione o, più esattamente quella estasi misterica di cui ci parla Giorgio Colli, apprendendo i segreti dei più grandi misteri di Demetra. Spesso ad aderire ai Misteri Eleusini erano persone strettamente selezionate, tra cui sacerdotesse, sibille e altri esponenti del mondo religioso politeista. Per costoro, la rinascita di Persefone simboleggiava l’eternità della vita che scorre di generazione in generazione, e chi si consacrava a lei credeva in una ricompensa nell’aldilà. Una linea di pensiero degli studiosi moderni, ritiene che i Misteri intendessero elevare l’uomo al di sopra della sfera umana nel divino e assicurare la sua redenzione, rendendolo un dio e conferendogli così l’immortalità. Come possiamo vedere, tutte queste particolari forme di ritualità con le annesse narrazioni mitologiche, risalgono adedirittura alla protostoria mediterranea, indoeuropea e non. Taluni sostengono che queste fossero inizialmente, forme di religiosità pubblica, successivamente, connotatesi quali insieme di credenze, esclusivamente accessibili agli iniziati. E su questa interpretazione sorgono, però, dei dubbi. Se da una parte, la natura esoterica ed iniziatica dei Misteri di Eleusi è innegabile, dall’altra va ricordata lla contemporanea sussistenza di un aspetto più “essoterico”, ovverosia aperto al pubblico di tali riti, la cui valenza di elemento catalizzatore dello spirito della “koinè/comunità” ellenica sopravvisse, sino alla loro messa al bando. Ed a conferma di quanto affermato, andrebbe ricordato che la partecipazione a questi Misteri, sinanche come semplice orante, oltre che alle categorie selezionate di cui sopra, rimase sempre riservata esclusivamente ai cittadini di etnia ellenica, ai “non barbari”.
E proprio ritornando alle categorizzazioni risultanti dai vari studi e convegni di storia delle religioni, ancora una volta se ne vede affermata certa sbrigativa faciloneria nel descrivere e nel cercare di dare una collocazione alle religioni misteriche che, in ispecial modo nel periodo ellenistico, videro la convivenza dei due aspetti, essoterico ed esoterico, nel medesimo contesto cultuale. Nello specifico abbiamo voluto trattare dei Misteri Eleusini, ma quanto affermato vale anche per l’Orfismo ed i Misteri di Dioniso. In questo contesto si possono tranquillamente fare parallelismi tra le varie misteriosofie elleniche ed altre similari, del Vicino Oriente. Tra queste si includono i misteri di Iside e Osiride in Egitto, l’Adoniaco dei culti siriani, il mithraismo e lo zurvanismo di origine iranica e i misteri frigi della Cabiria. Dopo la chiusura “de lege” degli ultimi santuari eleusini nel 392 Dc per opera dell’imperatore romano Teodosio e la loro distruzione materiale operata nel 396 d.C., quando i cristiani ariani di Alarico, re dei Goti, distrussero e profanarono i vecchi luoghi sacri guidati da monaci e vescovi, il culto eleusino, al pari di altre misteriosofie, sopravviverà in ambiti ristretti, finendo poi con l’influenzare e con il divenire una componente delle nuove dottrine iniziatiche che andavano affacciandosi sul proscenio della storia del pensiero, Gnosi ed Ermetismo, in primis. Tutto questo anche se, ad oggi, si può constatare l’esistenza di circoli iniziatici che si richiamano apertamente alla tradizione eleusina.

Ritornando a quanto all’inizio constatato, se da una parte, i distinguo in materia di religioni misteriche, operati nell’ambito degli studi di storia delle religioni portano a conclusioni troppo spesso affrettate e generiche, è comunque necessario operare un doveroso distinguo riguardo a questa complessa materia. Di tutta questa serie di considerazioni, la contestualizzazione storica costituisce un elemento cardine. I Misteri Eleusini, al pari di quelli di Dioniso, possedevano una natura di evento comunitario, profondamente radicato nello spirito della “koinè” ellenica, al pari di altri culti in ambito mediterraneo (l’egizia Iside, la frigia Cibele/Enyo, etc.). Con l’avvento dell’universalismo ellenistico e la fine delle città-stato e dell’idea di una comunità etnicamente caratterizzata, le misteriosofie assurgono la valenza di soteriologie volte alla salvezza dell’individuo, anzitutto. Siamo quindi in prezsenza di un individuo che si sente disperso e che cerca la salvezza in percorsi interiori, slegati al destino dello stato di appartenenza. Sebbene nello specifico caso del Mithraismo, gli imperatori romani cercheranno di farne una misteriosofia legata alle sorti dell’impero (Mithra quale protettore dell’impero), questi rimarrà sempre un culto relegato a ristrette categorie (uomini di milizia, ceto senatorio, equites…), finendo con il soccombere, dinnanzi all’egualitarismo massificante della nuova fede cristiana. Rimane l’attualità ed il valore della pratica misterica volta, attraverso la scoperta ed il percorso attraverso il lato più celato ed oscuro della realtà, all’integrazione ed al perfezionamento delle nostre deboli individualità. Una pratica questa che, di fronte ad un mondo che vive di apparenza e superficialità, dovrebbe rivestire ad oggi una stringente attualità.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
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Umberto Bianchi
