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Ermete Trismegisto ed il Corpus Hermeticum – Luigi Angelino
La figura di Ermete Trismegisto è considerata per lo più leggendaria, venerata fin dall’antichità come maestro di sapienza. Ad Ermete si attribuisce la fondazione di quella corrente filosofica, diffusasi poi con il nome di “ermetismo”, pur configurandosi diversamente a seconda dei vari contesti storico-culturali di riferimento. Cerchiamo di illustrare, innanzitutto, quale sia il significato della denominazione nota come “Ermete Trismegisto”. Essa può essere resa in lingua italiana con l’espressione “Ermete, il tre volte grandissimo”, in quanto con questo titolo si intendeva assimilare Ermete/Hermes, dio greco della comunicazione e del logos a Thot, divinità egizia delle lettere, dei numeri e della geometria, ovvero con un’interpretazione estensiva più probabile, della conoscenza e dell’ingegno umano. L’epiteto Trismegisto,tuttavia, riferito correttamente alla magnificenza straordinaria del personaggio, può essere interpretato anche come “nato nel mondo tre volte”: 1) come dio egiziano Thot; 2) come dio greco Hermes; 3) come l’essere umano Ermete, lo scriba illuminato vissuto migliaia di anni fa (1).
Dal punto di vista temporale, la figura di Ermete è collocata in un’epoca molto remota, anteriore perfino al patriarca ebraico Mosè che, secondo alcuni studiosi, sarebbe stato influenzato dagli stessi scritti dell’antico maestro, dopo aver appreso i misteri “egizi” alla corte del faraone. In merito all’effettiva composizione letteraria attribuita ad Ermete, vi sono molteplici ipotesi. Tra queste, ha esercitato un certo fascino la testimonianza tramandata da Clemente di Alessandria, secondo cui gli “scritti” di Ermete sarebbero stati 42, contenendo un compendio degli insegnamenti appresi dai più insigni sacerdoti egizi. Giamblico (2), invece, attribuì ad Ermete migliaia di opere di straordinaria importanza, alle quali avrebbero attinto direttamente perfino Pitagora e Platone, riconoscendogli un’aura di carattere quasi soprannaturale. Ma il vero e proprio “corpus hermeticum” si consolidò soltanto in epoca bizantina, una parte del quale fu rinvenuta anche tra i codici di Nag Hammadi (3), risalenti più o meno al IV secolo a.C.. In linea generale, si può affermare, che la letteratura ermetica sia caratterizzata da un insieme di papiri che comprendono una serie di rituali misterici che, nel linguaggio moderno, potrebbero essere definiti, troppo frettolosamente e senza il dovuto spessore ermeneutico, come “incantesimi” o “procedure di iniziazione”. E’ opportuno ribadire che non si tratta di “incantesimi”, nel senso fiabesco del termine, ma di rituali, ancora alquanto oscuri e complessi, a metà strada tra le conoscenze scientifiche e l’approccio religioso-esoterico. A tale proposito, per i non addetti ai lavori, è giusto ricordare che la finissima sapienza egizia non distingueva l’epistemologia delle nozioni appartenenti alle discipline empiriche da quelle che caratterizzavano le credenze esoteriche, tendendo ad elaborare un sistema unitario affidato alla pratica dei sacerdoti iniziati. In particolare, nella parte dedicata ad Asclepio presente nel “corpus hermeticum”, viene descritta l’arte della “telestikè”, cioè la capacità divinatoria di richiamare o di imprigionare angeli o demoni all’interno di statue, mediante l’ausilio di erbe, di gemme o di profumi (4).
Sotto il profilo tassonomico, si è voluto distinguere i testi “ermetici” in due grandi categorie, filosofici e tecnici, a seconda dell’impostazione orientata alla riflessione su grandi tematiche ontologiche oppure alle attività empiriche, come ad esempio l’elencazione di formule per costruire artefatti e, ricorrendo a particolari facoltà, per riuscire addirittura ad animarli. Ha un grande significato semantico il passo con cui termina l’intero corpus: il cosiddetto “lamento di Asclepio”. Con l’aggiunta in chiusura di tale passo, l’autore vuole manifestare il suo disappunto per l’abbandono della religione egizia, causato dalla perdita della comprensione del significato spirituale dei suoi insegnamenti (5). Tramite le parole messe sulla bocca di Asclepio, l’autore ricorda un tempo lontano, quando i sacerdoti riuscivano a far parlare le statue, perché erano direttamente in contatto con il divino, ma perdendo il senso dell’originale essenza spirituale, i sacerdoti del suo tempo si trovavano davanti soltanto a sterili ed insensibili manufatti di pietra. E’ evidente che si tratta di un discorso altamente simbolico, tendente a fare riferimento alla decadenza dell’umanità di ogni epoca ed alla fine della civiltà di ogni ciclo storico. Alcuni studiosi hanno voluto intravedere nel discorso di Asclepio, alcuni temi cari a Giovanni di Patmos nella redazione del libro dell’Apocalisse, ultimo testo del Nuovo Testamento biblico. E’ possibile, infatti, prefigurare nella decadenza dei valori spirituali della religione egizia, l’esautoramento contenutistico dei precetti delle principali religioni monoteiste del futuro, attribuendo al pensiero di Ermete una eccezionale capacità visionaria d’insieme, in grado di incarnare una precisa dignità profetica.
Uno degli aspetti più importanti del corpus hermeticum, dal punto di vista dell’ermeneutica filosofica, teologica e religiosa, è la ricorrenza della “teologia negativa”, che sottolinea l’impossibilità di chiamare Dio con qualsiasi nome, perché Lui/Lei deve essere appunto individuato in tutte le cose. L’unico modo giusto per definire Dio sarebbe quello di dire “ciò che non è”, anticipando un approccio metodologico teologico che sarà ripreso in epoca medievale ed adattato anche alla dottrina cristiana. All’inizio del quindicesimo secolo, Nicola Cusano rielabora questo pensiero, esplicitandolo nella sua celebre opera “La dotta ignoranza”(6). In essa, Cusano con grande lucidità cerca di dimostrare come a Dio convengano “denominazioni positive” soltanto in maniera del tutto approssimativa ed azzardata, in quanto declinate tutte insieme non sarebbero capaci di far emergere la sua infinità.
L’influenza del pensiero ermetico è stata di grandissima importanza anche per gli elementi basilari della teologia cristiana. In tale contesto, non può sfuggire l’operato di Lattanzio (7), considerato filosofo ermetico oltre che uno dei più attivi consiglieri politici dell’imperatore Costantino, che influenzò enormemente gli esiti del concilio di Nicea del 325 d.C.. In tale consesso, infatti, prevalse la dottrina ermetica sulla coesistenza in Cristo della natura divina e di quella umana rispetto a quella ariana che, invece, ne propugnava la netta separazione. Ma l’ermetismo ebbe un’influenza ancora più profonda sul pensiero del tardo Medioevo, poiché le opere attribuite al Trismegisto acquisirono grande popolarità presso gli alchimisti. Furono proprio i seguaci dell’epoca medievale, coloro che alimentarono la credenza che l’antico maestro fosse stato realmente un personaggio in carne ed ossa vissuto nell’antico Egitto. Secondo i fautori della variante ermetica della corrente dell’everemismo, Ermete Trismegisto sarebbe stato il figlio del dio Hermes, mentre per i cabalisti, molto attivi in età rinascimentale, il mitico personaggio sarebbe stato contemporaneo a Mosè, offrendo un livello di saggezza quasi parallelo a quello del patriarca biblico. Non mancano, inoltre, coloro che tendono a confondere le due figure, considerandole le due facce della stessa medaglia. In quest’ottica, si può interpretare l’etimologia occultista, nella quale Ermete viene indicato come “Thotmoses”, un enigmatico e suggestivo connubio iconografico tra l’illustre condottiero dell’Esodo biblico e la prestigiosa divinità egizia (8).
Anche sulla diffusione del “corpus hermeticum” in Europa sono state avanzate molte ipotesi. Le conoscenze attuali evidenziano che le più antiche copie dell’originale compendio dei testi ermetici furono portate a Venezia, dopo la caduta di Costantinopoli. Queste copie sono tuttora conservate nella biblioteca Marciana, uno dei centri culturali più importanti della Serenissima. Il testo forse più misterioso, che la tradizione attribuisce ad Ermete Trismegisto, è la cosiddetta “Tavola smeraldina” o “smeragdina”. Si tratta di un antico testo sapienziale che, secondo la leggenda, sarebbe stato ritrovato in Egitto, molto tempo prima dell’era cristiana. Il testo originario, secondo la narrazione tradizionale, era inciso su una tavola di smeraldo e fu tradotto dall’arabo in latino soltanto intorno al 1250: una delle versioni più antiche di questo scritto, così affascinante ed oscuro, è anch’essa conservata nella biblioteca Marciana di Venezia (9). La leggenda narra che Ermete avesse inciso la tavola, adoperando la punta di un diamante e che, successivamente, l’avesse trovata Sara, la moglie di Abramo, nei pressi della sua tomba. Di grande significato evocativo appare l’incipit della Tavola smeraldina: “E’ vero senza menzogna, certo e verissimo, che ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli di una cosa sola”. Ma è lecito chiedersi: la tavola di smeraldo, così come immaginata e celebrata dai posteri, è mai concretamente esistita? La sua versione originale, infatti, non è stata mai trovata. Alcuni autori, con molta fantasia, ipotizzano che la tavola originale sia bruciata durante la distruzione della biblioteca di Alessandria d’Egitto. Gli studiosi hanno potuto analizzare soltanto alcune presunte traduzioni della mitica tavoletta, al punto che molti sostengono che l’originale non sia mai esistita (10).
Il monaco Leonardo di Pistoia fu espressamente incaricato da Cosimo dè Medici di cercare, per suo conto, antichi manoscritti. Il religioso si recò in Macedonia, dove avrebbe scoperto i libri del Corpus Hermeticum, nella copia originale così come tramandata dal filosofo bizantino Michele Psello (11). Durante l’epoca rinascimentale, la Tavola fu analizzata ed interpretata dal filosofo umanista fiorentino Marsilio Ficino, uno dei maggiori esponenti della cultura nella Firenze medicea, nonché fondatore dell’Accademia neoplatonica. In buona sostanza, la Tavola di smeraldo rappresenta la base della visione esoterica del mondo, che si può riassumere nella massima: “Il visibile è il simbolo dell’invisibile”. Il “basso” è costituito dalla materia, cioè il corpo tangibile ed i mondi formali, mentre l’”alto” è costituito dallo spirito e dai mondi non manifesti. Nella visione ermetica non vi è contrapposizione netta tra i due mondi, anzi vi è una perfetta specularità che solo il vero iniziato riesce a riconoscere in maniera compiuta. Attraverso il pensiero di Dio, che è il Principio Primo, ogni singolo elemento presente nell’universo si manifesta partendo dall’energia primordiale della creazione, ma non si separa da Dio, restando Uno con il Tutto. Seguendo un orientamento alchemico, tra le righe della Tavola, si celerebbe la formula segreta della pietra filosofale, la conoscenza necessaria per curare le malattie senza l’ausilio della tradizionale scienza medica, nonché la via iniziatica per prolungare la vita umana ed ottenere perfino l’immortalità, attraverso le sette fasi della trasformazione alchemica: calcinazione, dissoluzione, separazione, congiunzione, fermentazione, distillazione e coagulazione. Per altri, nella Tavola sarebbe illustrata la vera storia del mondo, molto diversa da quella propinata dall’archeologia accademica. Ad esempio, vi sarebbero indicati i veri costruttori delle piramidi di Giza, da retrodatare in un’epoca molto più remota rispetto a quella indicata dalla storiografia tradizionale. Tra i più illustri estimatori delle opere attribuite al Trismegisto, si annovera il grande Isaac Newton, famoso per aver dedicato gran parte dei suoi studi alle pratiche alchemiche ed alla ricerca della pietra filosofale. Si pensa, addirittura, che l’interpretazione della Tavola abbia aiutato il celebre scienziato ad elaborare i suoi fondamentali principi, che hanno favorito lo sviluppo della fisica moderna, come le leggi del movimento e la teoria della gravità universale. Al contrario, lo studioso calvinista Isaac Casubon nel 1614, nell’opera De Rebus sacris (12), cercò di evidenziare come i testi attribuiti all’antichissimo personaggio, fossero stati elaborati in realtà nel corso dei primi secoli dell’era cristiana, basandosi in parte sui testi neo-platonici e in parte su quelli gnostici.
(Michele Psello)
Sulle originali lastre di smeraldo incise dal mitico Ermete, si sono moltiplicate le narrazioni leggendarie. Tra le teorie più suggestive e seguite, emerge quella, secondo cui, il Trismegisto, dopo averle incise con formule criptiche, avrebbe celato le medesime lastre in una camera nascosta, affinchè nel futuro soltanto i più degni potessero interpretare i segreti dell’universo. Alcuni individuano riferimenti alla cosiddetta “stanza dei registri”, nel papiro Westcar (13), conservato presso il Museo di Berlino. Questo antichissimo documento parlerebbe di una camera segreta sepolta sotto la necropoli di Giza, che sembrerebbe avvalorare la diffusa credenza presso gli archeologi che, sotto la Sfinge o nei sotterranei della Grande Piramide, vi siano ancora vasti spazi inesplorati. A ciò si aggiunge la leggenda che vuole legare l’origine dei libri di Thot ad una parte degli archivi di Atlantide, il continente sommerso dove sarebbe fiorita una civiltà molto evoluta, i cui superstiti avrebbero ispirato la cultura egizia.
Davvero l’opera di Ermete Trismegisto avrà contenuto le conoscenze che sono alla base delle leggi dell’universo? Oppure si è trattato di un capolavoro didascalico e di simbologia ermetica? Sta di fatto che le criptiche parole, pervenute nelle copie giunte fino ai nostri giorni, mediante interpreti e traduttori di diverse epoche storiche ed appartenenti a differenti pre-comprensioni culturali, sono di complessa decifrazione, anche se il pensiero di fondo sulla forza che penetra ogni cosa implica una sapienza arcana ancora sconosciuta, o forse nota a pochissimi iniziati. Il mistero sulla figura di Ermete Trismegisto e sul significato delle sue opere è senza dubbio ancora vivo: un mistero che sprona alla ricerca, all’ascesi spirituale ed al superamento delle apparenze.
Note:
1 – Andrè-Jean Festugiere, curatore Moreno Neri, La rivelazione di Ermete Trismegisto, Edizioni Mimesi, Milano 2021;
2 – Si tratta di un filosofo di lingua greca vissuto in età romana (245-325 d.C.);
3 – I cosiddetti “codici” ritrovati nei pressi della cittadina egiziana di Nag Hammadi comprendono una composita varietà di testi gnostici di origine pagana e cristiana;
4 – Con il termine telestikè si intende indicare una tecnica misterica e teurgica diffusa in epoca tardo-ellenistica ed appartenente al filone del neoplatonismo avanzato;
5 – Paolo Scarpi, La rivelazione segreta di Ermete Trismegisto, Edizioni Mondadori, Milano 2009;
6 – La dotta ignoranza costituisce una trilogia composta nel 1440 che tratta principalmente argomenti teologici;
7 – Lattanzio è considerato uno dei principali apologeti della fede cristiana (Africa 250, Gallia 325 circa d.C.);
8 – L. Angelino/L.A. Milani, La bibbia pre-babelica e la liturgia dei preelleni, Stamperia del Valentino, Napoli 2023;
9 – La biblioteca nazionale Marciana ha sede nella prestigiosa Piazza San Marco ed è una delle più importanti del nostro Paese;
10 – Sebastiano Gentile/Carlos Gilly, Marsilio Ficino ed il ritorno di Ermete Trismegisto, Edizioni Centro Di, Firenze 1999;
11 – Michele Psello è stato un politico, filosofo, storico e scrittore bizantino dell’undicesimo secolo;
12 – Il titolo esteso dell’opera è De rebus sacri set ecclesiasticis exercitationes XVI;
13 – Il papiro contiene un ciclo di cinque storie che trattano sortilegi ed incantesimi praticati da sacerdoti e maghi. Il papiro, tradotto prima in lingua inglese e, poi, in altri idiomi, è noto con il nome di “Re Cheope e i maghi”.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.