I Rosa+Croce quale archetipo dell’esoterismo occidentale – Umberto Bianchi
Gustavo Adolfo Rol: la coscienza sublime e lo spirito intelligente – 1^ parte – Piervittorio Formichetti
Non è facile riassumere la figura di Gustavo Adolfo Rol. Su di lui, nato a Torino nel 1903 e qui morto nel 1994, sono stati scritti molti articoli e libri da parte di amici, testimoni dei suoi «esperimenti di coscienza sublime», giornalisti, scrittori, parapsicologi di differenti religioni, esoteristi, cultori del paranormale. Chi scrive lo ha “conosciuto” una decina di anni fa grazie al docu-film Rol: un mondo dietro al mondo di Nicolò Bongiorno, trasmesso in parte da Rai Storia con il titolo Cose dell’altro mondo.[1] I libri su Rol, nel catalogo on line del Sistema Bibliotecario Nazionale, sono nella categoria «spiritismo», cosa che lo irriterebbe; in una lettera al fratello Carlo del 22 aprile 1951 scrisse: «I concetti che si hanno dello spiritismo e, soprattutto, della reincarnazione, sono inadeguati se non addirittura falsi»; e in una lettera, forse degli anni ’60: «Detesto lo spiritismo, per come è inteso, per come è praticato». E tra i suoi pensieri: «Lo spiritismo, inteso come la pratica sin dallo scorso secolo, deve essere considerato alla sola stregua di un esperimento scientifico, non mai come una manifestazione di cose soprannaturali. Se l’uomo crede di potersi mettere in relazione con l’anima di altri uomini previssuti, sia pure attraverso lo speciale stato fisiologico di un “medio”, s’illude».
Molte delle operazioni paranormali da lui avviate, infatti, coinvolgevano lo «spirito intelligente», che – precisava – «non è l’anima – soffio divino che alla morte si libera del corpo e torna a Dio – ma quel qualcosa di particolare che rimane sulla Terra, come una fotocopia della scheda segnaletica personale, comprendente funzioni e pensiero, dell’individuo. Questo “spirito intelligente” può essere ancora operante dopo la morte della persona. Sovente a me è accaduto di venire in rapporto con “spiriti intelligenti” di persone viventi». Lo «spirito intelligente» presuppone che le tracce della personalità, dei vissuti e delle azioni di ogni persona, sia vivente sia defunta, restino presenti, e potenzialmente operanti, su un piano metafisico in quanto residui di esistenze reali. Rol dichiarò nel 1979: «Ho creduto di impazzire quando scoprii che esistevano in me le memorie di uomini vissuti 4000 anni fa»; nella lettera al fratello Carlo del 1 maggio 1951 scrisse: «Nulla si distrugge, ma tutto si accumula; ogni cosa rimane operante, Dio e i suoi pensieri essendo la medesima cosa, e noi parte di Dio»; intervistato nel 1977 dichiarò: «Ogni cosa ha il suo “spirito”: una pietra, una foglia, un oggetto, anche le cose apparentemente inanimate. Vede questo lapis? Ebbene, la ragione di essere e la funzione di questo lapis rimarranno registrate nella storia dell’universo».
Questa dimensione metafisica di eterna permanenza di tracce di tutto ciò che accade, è stata ipotizzata e intuita da occultisti e parapsicologi, che l’hanno definita con vari nomi. C’è chi ha parlato di coscienza cosmica, «nel significato di persistente presenza di memorie di tutto quanto è accaduto prima, [che] tenderebbe a spiegare il ricordo di certi individui, spesso in stato di ipnosi ma non sempre, di particolari su vite passate (che spesso sono risultati storicamente esatti, quando notizie prima ignorate sul periodo di tempo in questione sono state scoperte) spesso attribuite alla reincarnazione delle anime»[2]. Altri l’hanno chiamata «memoria akashica» (Massimo Introvigne) o «serie degli annali dell’Akasha» (Giuditta Dembech), nella quale l’intera storia umana sarebbe «registrata come in un film»[3]; il celebre psicologo William James (1842-1910) la definiva «serbatoio cosmico delle memorie individuali»: un’incommensurabile raccolta di tracce di eventi, esperienze e affetti umani «che per il fatto stesso di essere esistiti, esistono tutt’ora ed esisteranno sempre»[4]. Nell’opera Geometria della realtà, l’orientalista Pietro Silvio Rivetta (1886-1952), noto con lo pseudonimo di Toddi, scriveva al riguardo: «Tutto ciò che è accaduto esiste realmente, ossia è, e soltanto le limitazioni dei sensi ci impediscono di avere coscienza attuale di tale persistente realtà. […] Tranne il presente, che ci trasporta con sé nel suo divenire, nulla fluisce o scorre, perché tutto rimane»[5]. In altre parole: poiché ogni evento e ogni cosa, anche i più banali, esistono in quanto pensieri di Dio, e Dio è eterno, ogni evento e ogni cosa sono necessariamente imperituri e sempre riproducibili.
Ciò implica che in determinate condizioni di coscienza alterata, naturali (ad es. in sogno) o volontarie (ad es. mediante l’ipnosi), una persona possa rivivere nel presente un ricordo, un evento o un sentimento appartenuti a un’altra persona vissuta anche decenni o secoli prima, a causa di una “interferenza” tra la sua mente e i residui di quella del defunto; René Guénon parlerebbe di un assorbimento più o meno duraturo di «elementi psichici provenienti dalla disgregazione delle individualità che ci hanno preceduti»[6]. Jean Charon (1920-1998), fisico nucleare e filosofo, riteneva che i vissuti e le memorie delle azioni di ognuno si conservino nella parte “interna”, cioè spirituale, delle particelle elementari e degli elettroni della persona di cui costituirono il corpo. Constatata dalla fisica la lunghissima “vita” di queste particelle, «paragonabile alla durata della vita dell’Universo intero», di conseguenza tra noi aleggiano alcuni elettroni residui, ad esempio, del corpo del faraone Ramses II o dell’ultimo respiro di Giulio Cesare, così come tra molti secoli resteranno nello spazio i nostri. Non essendo la parte spirituale degli elettroni intaccabile dall’entropia (la costante consumazione di energia nell’Universo, speculare al costante aumento di informazioni all’interno delle menti umane in evoluzione), il loro contenuto di esperienze, pensieri e azioni umane sarebbe immortale, quindi tuttora presente e potenzialmente conoscibile da parte di un «medium»: «Un nostro medium del XX secolo sarebbe in grado di entrare in risonanza con ciò che resta dell’attività “sincrona” in tutti gli elettroni che restano del corpo mummificato di Ramsete II. Nel corso dell’intervento medianico, l’”Io” di Ramsete rivive per un istante […] affidando alcuni elementi della sua esperienza vissuta, sotto una forma più o meno simbolica, più o meno coerente»[7]. La teoria di Charon è quindi vicina a quella dello «spirito intelligente» di Rol, perché anche qui non si evoca l’anima del defunto, ma si captano e s’incanalano le tracce metafisiche della sua personalità e della sua vita.
In una lettera del dicembre 1953, Carlo Rol ricordava al fratello Gustavo alcune passate esperienze paranormali determinanti: «Nel caso tuo, il fenomeno avviene nel modo che ti descrivo, perché, essendo Tu sempre stato in quei casi, me presente, in istato di incoscienza, non credo che Tu abbia potuto seguire gli eventi come me. Un punto luminoso, come fluorescente, appare in alto a notevole distanza, cento e più metri ad onta del soffitto, che nell’oscurità è come inesistente. Non è un punto piccolo vicino, ma un punto più grande lontano; la certezza della lontananza è data dall’angolo formato dagli assi ottici dei due occhi: l’angolo che ci fa percepire distanze e rilievo. Quel punto si abbassa, s’ingrandisce, assume la figura di una forma geometrica, di una stella, di un volto o di un busto umano, s’avvicina alla tua testa, e al contatto tu strilli più acutamente e l’apparizione scompare.
Questo è ciò che ho visto io. L’ultima volta, nel 1949, l’ho toccato, uno di quei volti, e ne ho chiaramente percepito, con la palma della mano, il rilievo: come è successo ad altri sperimentatori con altri soggetti. La differenza è che, mentre le manifestazioni degli altri sono centrifughe, e quindi si prestano all’inganno da parte del medium, le tue, da me viste, sono centripete: nel caso tuo non si può, quindi, parlare di “ectoplasmia”». Rol dunque non vomitava ectoplasmi, e i suoi (rari) stati di incoscienza non erano trance: sembrano momentanee abolizioni dell’Io, non “possessioni” da parte dello «spirito intelligente» coinvolto. Lui stesso dice nella lettera a Carlo del 22 aprile 1951: «Io mantengo integra la mia coscienza durante i miei esperimenti, almeno per una parte di me stesso sufficiente a impedirmi di andare “in trance”. È vero, sì, che il mio volto e la mia voce possono cambiare di espressione e che sovente io mi sento “proiettato fuori”, ma la parte viva, umana e cosciente di me stesso non viene alterata». Ciò accadde, per esempio, nella serata del 1965 in cui un dipinto fu realizzato dallo «spirito intelligente» di François Auguste Ravier (pittore francese morto nel 1895, modello di Rol per i propri quadri con paesaggi): Rol dava ordini in italiano ai presenti (tra cui Dino Buzzati, che poi raccontò il fatto), lasciando sovente “parlare” la voce francese e affaticata dello «spirito intelligente» dell’ottantenne Ravier. Allo stesso modo, cioè comunicando con Rol (che ripeteva ai presenti) o materializzando scritte e disegni, si manifestarono negli anni gli «spiriti intelligenti» di persone anonime, come la ragazzina nera violentata da alcuni balordi in Sudafrica, o celebri come Napoleone Bonaparte (del quale Rol possedeva non pochi cimeli), il poeta cinese dell’VIII secolo Li Po, Niccolò Paganini, Eleonora Duse, Pablo Picasso, Georges Braque, Marc Chagall.
Esperienze forti come quella ricordata da Carlo Rol accadevano raramente, ma hanno implicazioni fondamentali. Nel buio, alcuni tra i presenti non vedevano più la materia circostante, ma al di là di essa (non erano certo il soffitto, il solaio e il tetto dell’edificio a sparire): dunque sui presenti agiva una Forza che li rendeva capaci di vedere una dimensione della realtà invisibile alla vista “animale”. Il buio nel salotto non serviva a nascondere i trucchi: l’amica Maria Luisa Giordano ricorda che Rol «desiderava che non fossero abbassate troppo le luci perché, sosteneva, “vedo cose strane, e se le luci sono troppo basse non riesco più a dominare certe forze”». Di solito gli «esperimenti» avvenivano in piena luce o in penombra, e il buio talvolta richiesto era una «precauzione per non provocare nei presenti reazioni troppo forti che avrebbero potuto provocare traumi psichici», come dalla testimonianza seguente: «Gustavo fece accomodare il giovane scettico in salotto, sul divano, dove c’era un abat-jour acceso. Gli disse di dargli una mano e di non staccarla. Nella penombra, un punto luminoso iniziò ad aleggiare nella stanza, diventava sempre più grande, quasi un globo che aleggiava attorno alle loro teste. Preso dal terrore, il giovane staccò la mano da quella di Rol, che cadde svenuto. A sua volta anche il giovane si sentì male». La scintilla di luce che poi assumeva una determinata forma veniva dunque da una dimensione metafisica che potrebbe corrispondere al «Mondo della Formazione» (Jesirah), secondo la Qabbalah ebraica il terzo “strato” concentrico dell’Universo, «che si stende subito al di sopra del piano della materia ed è composto di una sostanza supersottile talvolta chiamata “Etere dello Zelèm”, o Etere delle immagini, analoga alla Quintessenza degli alchimisti, che impone forma e qualità agli enti materiali e può essere plasmata con l’immaginazione creatrice, sotto la guida della volontà opportunamente disciplinata»[8].
Che cos’altro potesse fare Rol è abbastanza noto: leggere paragrafi di libri che non aveva mai aperto; far passare una carta da gioco attraverso un tavolo, ma anche un vaso di fiori o un martello attraverso una parete; mutare la figura presente su una carta tra le mani di un ospite, o farla apparire su tutte le carte di un intero mazzo; far piovere dal nulla decine di castagne all’interno di un salotto; materializzare dal nulla oggetti appartenuti a persone vissute secoli prima; disegnare muovendo la matita nel vuoto davanti a sé, mentre l’immagine si formava sul foglio bianco lontano alcuni metri, collocato sotto un vassoio sul tavolo, o persino piegato in più parti e infilato nella tasca della giacca di un ospite. Poteva individuare improvvisamente in una persona qualche malattia, soltanto guardandola e talvolta vedendone l’aura luminosa: «Di ognuno, vede l’aureola, una fascia verde che gira intorno al capo da spalla a spalla e che rispecchia le condizioni fisiche»; ad esempio quella di Dino Buzzati (nel quale, al primo incontro dal vivo, Rol captò subito un’ulcera di stomaco cicatrizzata) era abbastanza positiva: «La sua aureola è chiara, di un bel colore verde, solo ai margini un poco grigia». Alcuni chirurghi di Torino, tra cui Achille Mario Dogliotti, allora una “star del bisturi” (sotto le cui mani non passò, per poco, anche mia nonna per un calcolo renale) lo vollero talvolta in sala operatoria; il ginecologo Luigi Quaini dichiarò: «Ha delle percezioni che lasciano esterrefatti, ed è di smisurata bontà d’animo». Federico Fellini, che divenne amico di Rol, disse di lui: «Non si tratta di un “mago” più dotato degli altri. […] È la testimonianza fascinosa e provocatoria di una trascendenza. Se non si resta terrorizzati è soltanto per il suo modo gioviale e scherzoso [con cui] egli stesso, prima degli esperimenti, cerca con opportuni avvertimenti di mettere un limite alla meraviglia, altrimenti si potrebbe rimanerne schiantati. […] Come può fare cose simili? Da quello che ho vagamente intuìto, Rol deve compiere una serie di operazioni mentali in cui crea un certo ordine che si traduce in realtà fisica. Si direbbe che conosca la famosa legge di Einstein per cui la materia può trasformarsi in energia e viceversa; solo che lui la realizza sul piano mentale».Stanislao Nievo, scrittore e fotografo (suo il ritratto di Julius Evola sulle copertine delle Edizioni Mediterranee), cercando tracce sommerse del suo antenato Ippolito Nievo, scrittore e combattente garibaldino morto nell’esplosione della nave Ercole al largo dell’isola di Ponza, consultò anche medium e veggenti tra cui Rol, mai ricordato per nome ma come «l’antiquario torinese»: «Era una persona colta, con una oscura sicurezza di sé, riservata e paziente, e poi all’improvviso irruente, […] sovraccarica di energia, d’intuizione, ma apparentemente contraria a ciò che chiedevo». Forse non voleva prestarsi a fare il medium trova-cadaveri come l’olandese Gerard Croiset, anche lui consultato da Nievo? O non voleva alterare la storia del Risorgimento rivelando particolari scomodi?
Note:
[1] Per non rendere eccessive le note di chiusura, indico qui i testi su Gustavo Rol, da cui ho tratto episodi, testimonianze e affermazioni sue e su di lui, per tutte e quattro le parti dell’articolo:
Renzo Allegri, Mentre è a Torino lo fotografano in America, “Gente” 5 marzo 1977;
Renzo Allegri, I pennelli si muovono da soli, “Gente” 19 marzo 1977;
Luigi Bazzoli, Rol l’incredibile. L’uomo più misterioso del mondo, “Domenica del Corriere” 17 gennaio 1979;
Luigi Bazzoli, I capolavori che arrivano dall’aldilà, “Domenica del Corriere” 24 gennaio 1979;
Nicolò Bongiorno, Rol: un mondo dietro al mondo, Mike Criss Produzioni-Regione Piemonte, 2007, visibile on line: https://www.youtube.com/watch?v=rQMN1qIAeyo ;
Dino Buzzati, Un pittore morto da 70 anni ha dipinto un paesaggio a Torino, “Corriere della Sera” 11 agosto 1965 (poi in I misteri d’Italia, Milano, Mondadori, 1978);
Dino Buzzati, Fellini per il suo nuovo film ha fatto incontri paurosi, in I misteri d’Italia cit.;
Aldo Cazzullo, I Torinesi da Cavour a oggi, Bari, Laterza, 2002;
Giuditta Dembech, Rol, il grande precursore, Torino, Ariete, terza ed. 2013;
Giorgio Di Simone, Oltre l’umano. Gustavo Adolfo Rol, Reverdito, 2009;
Maria Luisa Giordano, Rol e l’altra dimensione, Milano, Sonzogno, 2000;
Massimo Inardi, Dimensioni sconosciute, Milano, SugarCo-Euroclub, 1977;
Il sensitivo che stupì Einstein, in “Voyager”, settembre 2014;
“Io sono la grondaia”. Diari, lettere, riflessioni di Gustavo Adolfo Rol, a cura di Catterina Ferrari, Firenze, Giunti, 2000;
La Scienza non può ancora analizzare lo Spirito. Il dottor Gustavo Rol risponde a Jemolo, “La Stampa” 3 settembre 1978;
Remo Lugli, Strabilianti esperimenti d’un uomo che dissolve e ricompone la materia, “La Stampa” 23 settembre 1972;
Remo Lugli, Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1995;
Stanislao Nievo, Il prato in fondo al mare, Roma, Newton & Compton, 1995;
Leo Talamonti, Universo proibito, Milano, Mondadori, 1966;
Maurizio Ternavasio, Gustavo Rol: la vita, l’uomo, il mistero, Torino, Lindau-L’età dell’Acquario, 2008.
[2] Charles Berlitz, Bermuda. Il triangolo maledetto, Milano, Sperling & Kupfer, 1974, pp. 169-170.
[3] Andrea Innocenti, Un’altra leggenda su Maria Maddalena (parte II), in “Il Discepolo”, Draco Edizioni, anno 4 n. 12, p. 4.
[4] Cfr. Leo Talamonti, Universo proibito, Milano, Mondadori, 1966, pp. 125, 214, 218.
[5] Citato in Ibidem, pp. 63-64.
[6] René Guénon, Errore dello spiritismo, Milano, Rusconi, 1988, pp. 239 ss..
[7] Cfr. Jean Charon, Lo Spirito, questo sconosciuto, Milano, Armenia Editore, 1987, pp. 29-34, 109-112, 113-119.
[8] Gianni Pilo, Sebastiano Fusco, Il simbolismo kabbalistico del Golem, introduzione a Gustav Meyrink, Il Golem, in I grandi romanzi dell’Orrore, Roma, Newton & Compton, 1996, p. 557.
Piervittorio Formichetti
(fonte: www.ereticamente.net)